La conferenza in videoconferenza: una buccia di banana

Alla conferenza nazionale sugli apprendimenti di base del 9 e 10 febbraio hanno partecipato presso lo Sheraton Hotel di Roma circa 300 operatori (rappresentanti dei docenti, capi d’istituto, forze sociali), ai quali si sarebbero dovuti unire, collegati in videoconferenza, 10 mila fra docenti e dirigenti scolastici in 120 scuole di 18 città.
Ma qualcosa non ha funzionato. Non solo perché non era stata prevista la possibilità di interloquire, trasformando l’evento in una sorta di semplice trasmissione televisiva, senza possibilità per i 10 mila di sentirsi a diretto contatto con una sede di analisi che avrebbe potuto offrire interazioni, approfondimenti e risposte. Ma anche perché, a causa di problemi tecnici i docenti collegati “in remoto” si sono trovati, perplessi e indignati, davanti a schermi che trasmettevano a singhiozzo immagini sfocate, mentre il sonoro era un balbettio interrotto e spesso incomprensibile.
Qualcuno ha ironizzato chiedendosi se la cattiva performance tecnologica del Ministero fosse un effetto o una causa della cattiva performance del nostro sistema educativo, messa in evidenza proprio dal PISA. Certo è che quegli insegnanti che hanno sacrificato due e più ore del loro tempo, in alcuni casi percorrendo decine di chilometri per raggiungere i centri di ascolto nella speranza di apprendere qualcosa per migliorarsi, meritano almeno scuse ufficiali.