La carriera degli insegnanti/1: una proposta che divide

Un’altra delle ragioni del dissenso sindacale alle proposte dell’Aran è quella relativa all’ipotesi di riconoscere progressioni di carriera dei docenti sulla base dei livelli di apprendimento dagli alunni.
Il testo dell’art. 9 della bozza di proposta dell’Aran, non ancora ufficiale, prevede che il meccanismo di progressione delle carriere degli insegnanti si fondi anche, se non soprattutto, sugli esiti dell’attività di insegnamento.
Se le cose stanno effettivamente così, c’è da chiedersi come e quando sarà possibile rilevare oggettivamente gli esiti degli apprendimenti e compararli tra di loro secondo standard predefiniti.
La legge 53/2003 di delega per la riforma del sistema di istruzione e formazione prevede che il sistema nazionale di valutazione, da affidare all’Invalsi, predisponga “verifiche periodiche e sistematiche sulle conoscenze e abilità degli studenti” (art. 3), ma questo non potrà che avvenire, ad essere ottimisti, tra tre o quattro anni.
Come è possibile farne oggetto, oggi, di indicatori oggettivi su cui basare la misurazione dei livelli di apprendimento da utilizzare per la carriera dei docenti? Ma gli standard oggettivi di apprendimento non possono prescindere dalle condizioni di partenza degli alunni e dai contesti sociali.
Come si fa a misurare l’incremento tra le situazioni di partenza e quelle di arrivo degli alunni? Come si fa a tradurre l’incremento eventualmente misurato in valore oggettivo che serva a confrontare altri incrementi di apprendimento di altri alunni di classi o scuole o province diverse?
E’ necessario attendere che la proposta venga ufficializzata, dopo di che non sfuggirà certo a un fuoco di fila di obiezioni, dopo quello forse a carattere “preventivo” messo già in atto dai principali sindacati.