Istituti tecnici: quel che gli aspiranti premier non sanno
Nel primo confronto televisivo tra i due aspiranti premier non poteva mancare una domanda sulla scuola e sul futuro della riforma Moratti.
Romano Prodi, dopo alcune dichiarazioni con le quali ha escluso l’azzeramento della riforma preferendo interventi correttivi, è intervenuto sul problema che forse gli sta più a cuore: il rilancio degli istituti tecnici.
Tra l’altro ha attribuito alla riforma Moratti l’attuale crisi dell’istruzione tecnica con conseguente fuga di iscrizioni e chiusura di istituti.
Nella replica, Silvio Berlusconi ha difeso la Moratti e la sua riforma, parlando bene dei licei tecnologici e lasciando cadere l’accusa di Prodi, secondo cui la fuga in atto sarebbe dovuta proprio alla legge di riforma.
Stupisce che entrambi non abbiano evidenziato (forse non sanno?) che la crisi degli istituti tecnici non è congiunturale, ma ha radici più profonde, di natura strutturale, le cui cause sono diverse, complesse e consolidate.
La crisi è in atto da almeno dieci anni ed è costante in tutto il territorio nazionale; una crisi iniziata prima della legge di riforma costituzionale del nuovo Titolo V (che attribuisce la competenza dell’istruzione e formazione professionale alle Regioni) e che precede le riforme Berlinguer e Moratti.
Nel 1995/96 si iscriveva al 1° anno degli istituti tecnici mediamente il 40,3% degli studenti; tre anni dopo gli iscritti erano scesi sotto il 39%; nel 2000-01 erano al 37,5%.
Un decremento di iscritti continuato inesorabilmente negli anni successivi per arrivare nel 2005/06 al 33,6%. E i primi dati ufficiosi per le iscrizioni al prossimo anno scolastico confermano l’ulteriore calo di iscritti agli istituti tecnici.
Per rilanciare l’istruzione tecnica il prossimo Governo dovrà fare i conti anche con le cause che hanno generato il calo strutturale di iscrizioni.
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