Intellettuali/1. Ne abbiamo ancora bisogno?

Il dibattito sul ruolo degli intellettuali nella società italiana post-Covid (meglio: post inizio del Covid) si è recentemente arricchito di alcuni interessanti contributi, tra i quali quelli di Sabino Cassese (Intellettuali, il Mulino, 2021) e Donatella Di Cesare (Il complotto al potere, Einaudi, 2021): più ottimista e propositivo il primo, più problematico e inquieto il secondo, ma entrambi orientati a rispondere positivamente al quesito, che è anche il titolo dell’importante volume proposto da Franco Brevini, Abbiamo ancora bisogno degli intellettuali? (Raffaello Cortina Editore, 2021).

Il libro di Brevini, professore di letteratura italiana all’Università di Bergamo, è una straordinaria rassegna critica delle ragioni per le quali si è verificata nel corso del XXI secolo in tutto il mondo una profonda crisi dell’autorità culturale tradizionale, e in generale della scienza e degli scienziati. Da uno storico della letteratura ci si sarebbe potuto aspettare un’analisi riferita all’ambito più frequentato nella sua attività di ricerca: quello della produzione, circolazione e fruizione di testi scritti aventi una rilevanza di carattere, appunto, letterario. E invece no. I riferimenti alla letteratura sono pochi: molti e continuamente intrecciati tra di loro sono invece quelli agli aspetti sociologici, tecnologici e politici, e più ampiamente storici, del processo che ha portato in poco più di vent’anni (ma con premesse negli anni Sessanta-Settanta dello scorso secolo) alla caduta del prestigio sociale e del rispetto verso gli “intellettuali”, come alla fine del XIX secolo vennero definiti per la prima volta gli accademici, scrittori, artisti, musicisti, giuristi che si schierarono a difesa del capitano ebreo Dreyfus, ingiustamente accusato di tradimento, in nome dei superiori e universali valori della verità e dell’obiettività.

I fattori più rilevanti di questa caduta, che si riassume nella proposizione “i più numerosi vincono sui migliori”, vengono individuati da Brevini nella crisi finanziaria che ha colpito le principali economie  del mondo in questo XXI secolo, delegittimandone le classi dirigenti – e gli intellettuali, percepiti come loro alleati e garanti – agli occhi della classe media impoverita e della popolazione meno acculturata, e in misura forse ancora maggiore l’avvento di internet 2.0 e dei social, che ha illuso folle sterminate di individui di poter fare a meno, con un semplice click, dell’intermediazione degli esperti.

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