Intellettuali/2. Libertà e responsabilità degli scienziati

La scienza, almeno la scienza moderna, da Galileo in avanti, procede per ipotesi e verifiche – “congetture e confutazioni” nel lessico di Popper – e avanza tra dubbi e incertezze: quanto di più ostico per l’immenso e spesso poco acculturato popolo dei social, che nella rete cerca certezze, e caso mai conferme ai propri dubbi, che spesso investono proprio i risultati che man mano la scienza acquisisce, ma che agli occhi di molti appaiono distanti, difficili e anche un po’misteriosi.

Fino all’esplosione di internet e dei social, nota Brevini nella sua riflessione sul ruolo degli intellettuali, l’autorità degli scienziati e degli esperti nei vari campi disciplinari è stata riconosciuta, magari contestata ma comunque rispettata. Così è stato per i docenti universitari, ma anche per gli insegnanti dei vari livelli di scuola, la cui “competenza” raramente è stata messa in discussione (non così la loro autorità, entrata in crisi a partire dal Sessantotto).

Con l’avvento di internet 2.0, di Google e di Wikipedia l’immenso patrimonio di conoscenze accumulato nel tempo, e cresciuto negli ultimi decenni a velocità iperbolica, è stato messo a disposizione di miliardi di utenti, e i social hanno consentito a tutti di esprimere le opinioni più stravaganti e infondate, e di cercare il consenso su di esse a colpi di “like”.

È questo il retroterra che ha reso possibile l’infodemia (copyright dell’OMS, Organizzazione Mondiale della Sanità), l’epidemia di fake news che ha invaso la rete dando spazio a terrapiattisti, negazionisti (“l’uomo non è mai sbarcato sulla luna”, “il Covid non esiste”: tra il 5 e il 10% degli italiani secondo l’ultimo rapporto Censis) e varie tipologie di no-vax, dagli scettici sull’utilità dei vaccini ai preoccupati della loro pericolosità, ai disvelatori del complotto delle Big Pharma o di quello messo in atto da manovratori di un “potere senza volto” che manipola le informazioni ai danni di “cittadini inermi di fronte a un dispositivo tecno-economico insondabile”, come dice Donatella Di Cesare.

Il quadro dipinto da Brevini è fosco, frutto di un’analisi serrata e multidisciplinare, ma non è senza speranza. La pandemia sta inopinatamente riaccreditando agli occhi dei cittadini la scienza, gli scienziati e più complessivamente gli intellettuali, i portatori di conoscenza, nel loro ruolo di garanti della salute pubblica, e costringe i decisori politici (almeno quelli che operano nei sistemi liberal-democratici) a definire e far valere regole di sistema, di etica pubblica, attraverso strutture istituzionali, ponendo fine al disordine e alle ingiustizie provocate dalla globalizzazione neoliberista.

In questo quadro potrà essere ricostruito un rapporto di fiducia tra intellettuali e popolo. Ma serviranno decisioni lungimiranti, in primo luogo l’investimento di risorse adeguate volte a innalzare il livello medio delle conoscenze in ambito scientifico e soprattutto la formazione critica dei giovani e, per quanto possibile, anche degli adulti. La scuola è ovviamente chiamata in causa.

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