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Immigrati e occupazione: il titolo di studio non aiuta

Uno dei dati meno incoraggianti contenuti nel primo rapporto del ministero dell’Interno sull’immigrazione in Italia, di cui all’articolo L’immigrazione è in crescita. Tra gli adulti e sui banchi di scuola, è quello che testimonia  la sostanziale indifferenza del livello di istruzione dei lavoratori stranieri in rapporto alla ricerca di un’occupazione.

Il Rapporto (pag. 194) nota come cinque stranieri su dieci sono in possesso di un titolo di studio pari ad almeno un diploma, proporzione che per gli italiani si eleva a sei su dieci: una differenza di scolarizzazione dunque non eccessiva.

Differente è invece il legame tra occupazione e titolo di studio: “I tassi di occupazione maschili sono sempre più alti degli italiani per tutti i titoli di studio a differenza di quelli femminili che sono più bassi per le laureate, uguali per le diplomate e maggiori solo per le donne con licenza elementare o media. L’andamento dei tassi di occupazione per le donne straniere è analogo a quello delle italiane. I tassi aumentano al crescere del titolo di studio. Tra gli uomini, invece, l’andamento sembra essere più altalenante. (…) Al crescere del titolo di studio il vantaggio della popolazione straniera rispetto all’italiana diminuisce fino a diventare negativo nel caso delle donne laureate (11 punti in meno delle italiane)”.

Il Rapporto spiega che il vero elemento che garantisce tassi di occupazione più elevati per gli stranieri non è il titolo di studio, ma la durata della permanenza in Italia: “il tasso di occupazione degli stranieri ancora posizionato al 28,9% per quelli in Italia da meno di tre anni passa già al 57,0% per i cittadini stranieri in Italia da almeno tre e fino a quattro anni per poi raggiungere il 70,1% per quelli tra i cinque e i nove anni e il 75,6% per gli stranieri che si trovano nel nostro paese da 10 e più anni, con una differenza di poco inferiore ai cinquanta punti percentuali nel confronto con gli stranieri che vivono in Italia da non più di tre anni”. Le donne, a prescindere dal titolo di studio, faticano comunque di più nell’inserimento nel mercato del lavoro.

Il Rapporto prova anche ad analizzare le differenze tra regolari e irregolari per quello che riguarda i titoli di studio (pag. 337): sembra uscire confermata “l’ipotesi secondo la quale – come afferma gran parte della letteratura – stranieri regolari e irregolari si somigliano molto e provengano, di fatto, dagli stessi sistemi migratori”, anche per quello che riguarda il livello di istruzione.

Il rapporto fa tuttavia dei “distinguo”: “tra gli ucraini, cinesi, pakistani, egiziani, senegalesi e peruviani, e in generale nel complesso degli immigrati provenienti dal nord-africa, non si registrano grandi differenze per livello di istruzione tra regolari e non regolari. Ma la situazione è diversa tra gli albanesi, i bangladeshi, gli srilankesi, i marocchini, i tunisini e gli ecuadoregni, tra i quali – invece – il livello di istruzione degli irregolari, controllando per età, è decisamente inferiore”.

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