Il valore del passato per educare alla critica, secondo don Giussani

Riteniamo di rendere omaggio alla figura di don Luigi Giussani, recentemente scomparso, riportando un brano sull’educazione dei giovani tratto da “Il rischio educativo“.
“Di tutto quello che si deve dire sull’educazione, a noi importano soltanto questi punti.
1. Per educare occorre proporre adeguatamente il passato. Senza questa proposta del passato, della conoscenza del passato, della tradizione, il giovane cresce cervellotico o scettico. Se niente propone di privilegiare un’ipotesi di lavoro, il giovane se la inventa, in modo cervellotico, oppure diviene scettico, molto più comodamente, perché non fa neanche la fatica di essere coerente all’ipotesi che si è presa […]
2. Seconda urgenza: il passato può essere proposto ai giovani solo se è presente dentro un vissuto presente che ne sottolinei la corrispondenza con le esigenze ultime del cuore. Vale a dire: dentro un vissuto presente che ne dia le ragioni di sé. Solo questo vissuto può proporre ed ha il diritto e il dovere di proporre la tradizione, il passato. Ma se il passato non appare, se non è proposto dentro un vissuto presente che cerchi di dare le proprie ragioni, non si può neanche ottenere la terza cosa necessaria all’educazione: la critica.
3. La vera educazione deve essere un’educazione alla critica. Fino a dieci anni (adesso anche prima), il bambino può ripetere ancora: «L’ha detto la signora maestra, l’ha detto la mamma». Perché? Perché, per natura, chi ama il bambino mette nel suo sacco, sulle spalle, quello che di meglio ha vissuto nella vita, quello che di meglio ha scelto nella vita. Ma, ad un certo punto, la natura dà al bambino, a chi era bambino, l’istinto di prendere il sacco e di metterselo davanti agli occhi (in greco si dice pro-bállo, da cui deriva l’italiano «problema»). Deve dunque diventare problema quello che ci hanno detto! Se non diventa problema, non diventerà mai maturo e lo si abbandonerà irrazionalmente o lo si terrà irrazionalmente. Portato il sacco davanti agli occhi, ci si rovista dentro. Sempre in greco, questo «rovistarci dentro» si dice krinein, krísis, da cui deriva «critica». La critica, perciò, consiste nel rendersi ragione delle cose, non ha un senso necessariamente negativo.”