Dai primi commenti della settimana scorsa sulla circolare ministeriale n. 2/2010 che ha fissato il tetto del 30% di alunni stranieri per classe è rimasta esclusa la scuola dell’infanzia. Lo stesso comunicato stampa ministeriale faceva riferimento alle prime classi di scuola primaria, secondaria di I e di II grado, tacendo sulla scuola dell’infanzia.

La circolare invece non fa esclusioni e comprende, se pur con applicazione graduale come per gli altri settori scolastici, anche la scuola dell’infanzia statale.

Si dice infatti che “il limite del 30% entra in vigore dall’anno scolastico 2010-2011 in modo graduale: viene infatti introdotto a partire dal primo anno della scuola dell’infanzia e dalle classi prime sia della scuola primaria, sia della scuola secondaria di I e di II grado“.

La considerazioni espresse per gli altri settori scolastici non valgono però completamente per la scuola dell’infanzia. Potrebbe non valere, ad esempio, l’esclusione dei nati in Italia dal “tetto”, come ha affermato il ministro Gelmini (con interpretazione estensiva rispetto alla circolare che parla soltanto di limite che può essere innalzato). I bambini stranieri di tre anni, alla loro prima esperienza di scolarizzazione, difficilmente conoscono la lingua (motivo del non computo nel tetto del 30%) e potrebbero, conseguentemente, essere inclusi nel computo del “tetto”.

L’altra considerazione è di maggior rilievo. Poiché la scuola dell’infanzia non rientra nell’obbligo di istruzione, i bambini stranieri che risultassero in eccedenza rispetto al tetto, dovrebbero cercarsi il posto altrove senza avere il diritto di essere accolti.

Se si considera che per una buona integrazione serve un inserimento scolastico precoce e per un tempo scuola consistente, il tetto potrebbe finire per penalizzare proprio la scuola dell’infanzia.

A meno che, per salvare gli organici, le scuole non decidano di tenersi gli stranieri oltre il tetto…