Tuttoscuola: Il Cantiere della didattica

Il sentiero della libertà unisce Normandia e Abruzzo

Cos’hanno in comune la Normandia e l’Abruzzo, due regioni così geograficamente distanti?
Nell’XI secolo, da quella terra che si affaccia sul mar del Nord, a cui daranno poi il loro nome, guidati da Tancredi D’Altavilla, vennero i biondi normanni a conquistare l’Italia meridionale e la nostra regione. Normanna era Costanza, la madre del grande imperatore Federico II.

Poi più nulla. Dopo, molto dopo, nel XX secolo, durante la II guerra mondiale, la Normandia e l’ Abruzzo diventano due regioni di frontiera: l’una l’estremo nord e l’altra l’estremo sud dell’Europa nazista.
La verde pianura dei normanni fu la più sfortunata: il 6 giugno 1944, lo Sbarco. Il giorno più lungo, il più lungo di tutta la storia dell’umanità. Una pioggia, una tempesta di ferro di fuoco di acciaio di sangue. Il prezzo amaro, amarissimo della libertà. Crepano, dice il poeta, gli uomini come cani, “come cani che spariscono sul filo del mare e vanno ad imputridire lontano, molto lontano, dove non c’è più nulla”. Desolazione e morte dappertutto. Fumano le macerie della cattedrale di Rouen, quella stessa che Monet teneramente amava, tanto da tradurla in luce, luce diversa nelle diverse ore del giorno. La Normandia del soldato Rayan.

Non migliore il destino dell’Abruzzo. L’Italia plaudente di Piazza Venezia, quella del 10 giugno 1940, che aveva sognato, sedotta dal grande Istrione, di conquistare il mondo, dalla Francia alla Grecia, ai Balcani, all’Africa, alla Russia, si ritrovò divisa in due, la guerra dentro casa. Lo stesso Abruzzo fu tagliato a metà dalla linea Gustav, che correva dal Tirreno all’Adriatico, lungo il Sangro e la Majella.
Sui contrafforti appenninici venne costruito “un sistema di fortificazioni in profondità a compartimenti successivi”, scrive Kesserling, comandante della X armata tedesca che contrastava l’avanzata dell’VIII armata inglese. Proprio il tratto abruzzese, per le insidie dei rigori invernali e per le asperità delle sue montagne offriva le condizioni migliori per imbrigliare il nemico. La linea del fuoco ristagnò per diversi mesi sul suolo abruzzese, seminando morte, distruzioni e terrore. Basti ricordare le principali tragedie: le terribili battaglie del Sangro e di Ortona, gli spietati eccidi di Pietransieri, di Santa Cecilia presso Francavilla, di Sant’Agata di Gessopalena, di Filetto, Onna, Capistrello. Mentre dal cielo l’aviazione aglo-americana sferrava spaventosi attacchi alle città, con l’obiettivo di colpire i principali centri di comunicazione, le strutture militari, i modesti insediamenti industriali. La prima ad essere colpita fu Sulmona. Era il 27 agosto 1943. Quattro giorni dopo toccherà a Pescara. Nelle settimane e nei mesi successivi, un rosario di altre incursioni sulle stesse città e su Avezzano (un’ottantina), Teramo e altri numerosissimi paesi.

In quei mesi di orrore e di morte, in cui la popolazione civile subiva sofferenza più dure degli stessi militari, forte era il desiderio di fuggire verso le terre liberate. In particolare, i prigionieri di guerra evasi, i renitenti alla leva della Repubblica di Salò, i perseguitati politici cercavano e percorrevano vie di fuga. Quella più battuta partiva da Sulmona, passava per Campo di Giove, si inerpicava sulla Majella per il Guado di Coccia, scendeva a Taranta Peligna e raggiungeva Casoli. E’ il percorso che fece, il 24 marzo del ’44, il sottotenente Ciampi con una sessantina di avventurosi, accompagnati da guide locali, come ricorda il Presidente nel suo diario di guerra. Per ricongiungersi al suo reparto, il IX Autieri, a Bari.

Una scuola, il liceo scientifico di Sulmona, organizza ogni anno un trekking internazionale rievocativo lungo “Il sentiero della libertà”, la cui prima edizione, nel maggio 2001, fu inaugurata dallo stesso Presidente della Repubblica. Fra altre scuola italiane sarà presente, per il secondo anno consecutivo, il liceo M. Curie di Saint Lo della Normandia, mentre il liceo sulmonese parteciperà in Normandia, alle celebrazioni del 60° anno dallo Sbarco. Un gemellaggio fra due regioni unite, ieri, nella sofferenza e, oggi, dalla medesima forte volontà di gridare:” Basta alla guerra!”.

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