L’impressione è che il dibattito sullo spazio che la storia deve avere nell’esame di maturità – anzi, più precisamente: tornare ad avere nella prova scritta di italiano della maturità – stia facendo dimenticare il problema più importante, che è quello di un corretto approccio alla conoscenza della storia da parte degli studenti italiani prima e a prescinderedall’esame conclusivo degli studi secondari.
La senatrice a vita Liliana Segre, in un messaggio inviato a Didacta per l’inaugurazione della Fiera, ha lanciato un appello a “Reinserire il tema di storia all’esame di maturità”, considerato “un modo per riconoscere la funzione della storia nella formazione delle nuove generazioni”. Ma forse se ci limitasse al ripristino del ‘tema storico’, in alternativa alle altre tipologie di temi, solo una minima parte degli studenti lo sceglierebbe. Un’alternativa, come in parte è stato fatto nella maturità 2019, è inserire elementi di riflessione storica nelle diverse tracce.
Altra questione, posta a suo tempo anche dal ministro Luigi Berlinguer, è quella di una adeguata conoscenza della storia del Novecento con le guerre mondiali, i genocidi e i totalitarismi, come ricorda la Segre: “Conoscere la storia del proprio tempo aiuta non solo a evitare errori, ma anche a parlare di termini come tolleranza, interculturalità, accoglienza, solidarietà”.
Ma come dovrebbe essere insegnata (e imparata…) la storia, e non solo quella del Novecento? Su questo terreno complicato, da sempre oggetto di dibattiti di elevato spessore culturale, si è avventurato il ministro dell’istruzione Fioramonti, in occasione di un convegno della Gilda degli insegnanti, svoltosi lo scorso 4 ottobre: “Credo molto in un approccio alla storia che superi la superficialità del libro di testo. È come se raccontassimo la versione libresca del ‘Trono di Spade’. La storia non è solo una sequenza di battaglie, c’è molto di più. Si possono raccontare le cose belle e le imperfezioni dei grandi personaggi del passato. Anche Napoleone aveva paura e aveva l’ulcera”.
Probabilmente Fioramonti, che ha mostrato di conoscere bene il mondo e i problemi della ricerca scientifica anche attraverso la rubrica ‘Ricerca e Futuro’, trasmessa da Radio Radicale, è meno a suo agio quando si occupa di scienze umane, malgrado la laurea in filosofia. A parte l’attacco indiscriminato ai libri di testo di storia (che notoriamente non solo tutti uguali) c’è modo e modo di prendere le distanze dai modelli storiografici che privilegiano gli aspetti politico-diplomatici e militari: c’è quello degli storici di ispirazione marxista, che privilegia la dinamica delle forze produttive, e c’è quello aperto alle scienze sociali proposto dalla scuola delle ‘Annales’. E ce ne sono altri, che utilizzano metodologie multidisciplinari. Ma non ce n’è nessuno che riduce la storia all’aneddottica…
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