Il ritorno della DaD. Le occasioni perdute

In questi primi giorni del 2022, repentinamente, incalzati dalla variante omicron del Covid-19, moltissimi, dentro e fuori della scuola, stanno rivalutando la DaD, e ne chiedono il ripristino: ma cosa si è fatto negli ultimi due anni per far sì che ora gli studenti ricevano un servizio online adeguato, efficace e professionale? Ben poco, perché si è improvvidamente scommesso sul rapido ristabilimento della “normalità”, cioè, per la scuola, della didattica in presenza.

Eppure l’esperienza del biennio 2020-2021 e dell’inizio del nuovo anno avevano evidenziato il carattere camaleontico e ricorsivo della pandemia, e quindi la necessità di modificare la didattica tradizionale integrandola (quanto meno) con modalità di insegnamento e apprendimento più flessibili e capaci, con l’aiuto delle tecnologie, di alleggerire il carico delle ore in presenza e di abbassare il numero degli alunni contemporaneamente presenti in classe. Proposte in tal senso erano state avanzate più volte da Tuttoscuola già ad aprile 2020, quando avevamo prospettato tre scenari previsionali per l’anno scolastico 2020-2021, nell’ipotesi di una persistenza del rischio Covid-19, o addirittura di una sua recrudescenza (scenario numero 3), sollecitando l’adozione di misure adeguate a fronteggiare in ogni caso gli eventi.

Tra le occasioni perdute va annoverata in primo luogo quella di non aver predisposto già da aprile-maggio del 2020 un organico e capillare piano di formazione dei docenti in vista della eventualità peggiore (anch’esso proposto da Tuttoscuola, dopo aver organizzato, subito dopo l’inizio del lockdown, un corso gratuito di primo aiuto alla Dad che aveva consentito a 36 mila docenti di collegarsi con i propri studenti, nell’ambito dell’iniziativa di solidarietà#LaScuolaAiutaLaScuola) che è poi quella che si è concretata nel corso del 2021, e che si ripresenta ora con la variante omicron (che si aggiunge alla Delta, per niente domata). Ma, come si ricorderà, una parte dell’intellighenzia italiana (Asor Rosa, Crepet e altri) scese in campo condannando senza appello ogni forma di didattica non fondata sulla relazione diretta e personale tra docente e discente. Si preferì prendere tempo, rinviare. E fu un errore grave, come ora (un anno e mezzo dopo) riconosce Riccardo Luna, giornalista di Repubblica specializzato nel settore dell’innovazione tecnologica (già direttore dell’edizione italiana di Wired) in un polemico e lucido editoriale-podcast.

La Dad (e non il virus, né la non effettuazione di centinaia di milioni di ore di lezione, taciuta o sottovalutata un po’ da tutti) è stata infine considerata responsabile del learning loss, come è stata definita – in omaggio anche linguistico alla discutibile tendenza USA-Ocse a misurare i risultati scolastici in termini quantitativi – la perdita di apprendimento provocata dalla sospensione della didattica in presenza.

Nel frattempo, per fortuna, molte scuole si sono meglio organizzate sul fronte delle nuove tecnologie, ed è forse anche per questo che migliaia di presidi (ma anche di insegnanti, genitori e amministratori locali) hanno proposto nei giorni scorsi di ricorrere transitoriamente alla DaD per tutti piuttosto che cercare di far funzionare l’ingestibile spezzatino di presenza-distanza-DaD per non vaccinati-quarantena, consumando pasti ad almeno-due-metri di distanza, che sono stati invitati ad attuare da un governo ancora fermo alla insostituibilità della didattica in presenza “a prescindere”. A nostro avviso si è ancora in tempo per evitare di fare altri errori, ma va data fiducia alle scuole e agli insegnanti. E anche alla DaD, quando serve, e soprattutto alla DDI (Didattica Digitale Integrata), che è la didattica del futuro, con le sue caratteristiche di adattabilità spazio-temporale alle esigenze e potenzialità educative di ciascun soggetto che apprende.

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