Il referendum di Bologna: parva favilla…

Si avvicina la data del referendum contro il finanziamento alle scuole paritarie disposto dal Comune di Bologna (previsto per il 26 maggio) e il confronto tra favorevoli (all’abrogazione) e contrari si fa sempre più aspro, tanto da far assumere alla vicenda una dimensione che va ben oltre i confini della politica locale.

Ma come è nata la questione? Secondo Alessandra Cenerini, bolognese doc, presidente dell’ADi (Associazione Docenti Italiani), c’è una controversia sindacale su un problema locale all’origine del movimento che ha raccolto le firme anti-finanziamento: il destino delle insegnanti delle scuole dell’infanzia comunali, che respingono l’ipotesi ventilata dal Comune di trasformare le scuole comunali in fondazioni  per poi “cederle ad ASP IRIDES, un’Azienda di Servizi alla Persona per Minori e Disabili”.

Altri Comuni, che avevano problemi analoghi, li hanno risolti passando le scuole e il relativo personale allo Stato. A Bologna si è traccheggiato e si è pensato a una soluzione diversa come quella sopra citata. Ma le insegnanti interessate (precarie quasi al 50%) si sono ribellate, e in qualche modo hanno fornito ai proponenti del referendum il combustibile per provocare l’incendio: niente finanziamenti per le scuole paritarie, utilizzazione dei fondi esclusivamente per la scuola pubblica, intesa come statale (o al massimo, forse, comunale ma assimilata al trattamento delle scuole statali).

Così la mancata soluzione di un problema sindacale di modesta rilevanza locale ha provocato un terremoto politico, con il sindaco di Bologna contrario alla soppressione del finanziamento, divisione del Pd, inserimento nella partita del movimento 5 stelle, echi nazionali.