Il programma dell’Unione per la scuola/1. Riforma ‘da cambiare’

La riforma Moratti è “da cambiare“, ha detto Romano Podi sabato scorso, presentando pubblicamente, insieme agli altri leader dell’Unione (senza Rosa nel pugno, almeno per ora), la piattaforma programmatica dell’Unione per le prossime elezioni. Da cambiare, magari profondamente, dunque, ma non da abrogare.
Sulla fondamentale questione della linea da tenere verso la riforma Moratti è quindi prevalsa la tesi dei “riformisti” (nel senso di sostenitori della riforma della riforma), non quella dei “massimalisti” (nel senso di abrogazionisti, senza se e senza ma). Gli stessi partiti vicini a questa seconda posizione (Rifondazione, Comunisti italiani, Verdi) non se la sono sentita di andare fino in fondo, e hanno accettato la mediazione di Romano Prodi, riconoscendogli in qualche modo, come è avvenuto anche su altri temi caldi (politica estera, alta velocità, fonti energetiche, PACS ecc.) un ruolo di supremo moderatore e mediatore delle dialettiche che attraversano la coalizione. E il dissenso fatto registrare dalla Rosa nel pugno sulla politica scolastica non riguarda la linea da tenere sulla riforma ma altra e diversa problematica, quella del finanziamento della scuola non statale.
Sulle 281 pagine che costituiscono il corposo documento programmatico dell’Unione, 15 sono dedicate al capitolo scuola, università e ricerca, e 7 specificamente alla scuola. Rispetto alle bozze circolate nelle scorse settimane, di taglio “riformista” (e per questo criticate dagli abrogazionisti), non si registrano cambiamenti sostanziali, salvo una certa maggiore determinazione nel preannuncio della “discontinuità” rispetto alla riforma Moratti: il documento la presenta con queste parole: “Con gli atti dei primi mesi di governo, in radicale discontinuità con gli indirizzi e le scelte di centro-destra, abrogheremo la legislazione vigente in contrasto con il nostro programma“.
Un autentico esercizio di equilibrismo, nel quale compare la “radicale discontinuità“, e compare perfino l’abrogazione, ma solo della “legislazione in contrasto con il nostro programma“. Non della legge, sembra di capire.