Il part-time non piace agli insegnanti

Entro il 15 marzo prossimo, com’è ormai prassi di ogni anno, scade il termine per la presentazione della richiesta di passare a orario part time per i docenti statali.
È una prospettiva che viene offerta ogni anno ad oltre 730 mila insegnanti di ruolo, ma che viene utilizzata da un numero ridottissimo di persone , pur essendo in lieve aumento la richiesta. Teoricamente l’amministrazione può autorizzare fino a un massimo di un quarto del totale dei dipendenti, cioè fino ad un tetto massimo di circa 184 mila docenti a part time, ma, ad avvalersi della possibilità offerta di ridurre o dimezzare l’orario di servizio, vi sono stati nel 2002 solamente poco più di 12 mila docenti: l’equivalente di 17 docenti ogni mille, che rappresenta il dato più basso registrato in tutti i comparti pubblici.
In questo sparuto gruppo di docenti a mezzo servizio, sono quelli degli istituti superiori a far registrare la quota più elevata (quasi la metà del totale). Si tratta comunque anche qui di una percentuale modesta, di 25 prof ogni mille in servizio. Nella scuola materna il tasso di docente a orario dimezzato scende addirittura a 9 ogni mille.
È il nord la zona del Paese dove si concentra il maggior numero di docenti a part time, tanto che con una percentuale superiore al 72% del totale nazionale, si può dire che tre docenti su quattro di quei pochi che utilizzano il part time, è settentrionale.
Una delle ragioni di questa presenza “forte” nelle aree settentrionali e tra i docenti della secondaria superiore può essere forse ricercata nella norma che consente al personale a part time di svolgere anche un’altra attività lavorativa retribuita in settori privati.