Il Nord supera di 2 anni il Sud

Per il rapporto della fondazione Agnelli quella di oggi è la scuola dei divari. Per conoscenze del computer un 13enne di Milano è come un 15enne di Napoli

“Due Italie”: perché ci sono scuole di serie A e scuole di serie B, anzi forse di serie Zeta, tanto grande è diventato il fossato tra il Nord e il Sud. Sì, è proprio così:  il Rapporto annuale della Fondazione Giovanni Agnelli mette in luce soprattutto le “fratture” del nostro sistema scolastico.

Insomma, è la scuola dei divari, delle distanze, delle diseguaglianze. Immense, gigantesche a volte. Sociali, territoriali, tecnologiche. In cui Nord e Sud non sono mai stati così lontani, le competenze mai così dispari, e dove la famiglia di provenienza, la scuola di riferimento, il suolo in cui si nasce condizionano tutto. Cioè il futuro di un giovane. La sua chance o meno di entrare nel mondo del lavoro, di crearsi una vita propria, di essere autonomo, protagonista.

Fratture dunque che vogliono dire poi vite e destini assai diversi, tra i giovani del Nord e quelli del Sud, ma anche tra i ragazzi italiani e quelli europei, e poi ancora tra gli italiani e gli immigrati.. Un esempio? Essere uno studente del Nord vuol dire avere, in partenza, 68 punti di vantaggio, secondo il calcolo delle competenze stabilito dall’Ocse-Pisa, (Programme for International Student Assessment) rispetto a un coetaneo del Sud. E questo perché, a parità di spesa pubblica, le scuole di alcune regioni settentrionali (Veneto, Emilia Romagna, Trentino, Lombardia) sono infinitamente migliori di quelle di molte regioni meridionali.

Non solo: oggi un quindicenne che studia in un istituto del Sud, ha una preparazione uguale a quella di tredicenne del Nord: è dunque quasi due anni indietro sui “livelli di competenza”. E il 30% degli allievi meridionali non raggiunge affatto la “soglia minima di competenza” che, secondo gli standard europei, è il primo gradino per non diventare emarginati ed esclusi. Significa che per quella fetta di ragazzi le porte sono già chiuse, quasi senza speranza.

Non basta. Perché a diseguaglianze antiche e mai superate, che portano i figli delle classi abbienti a scegliere i licei e poi l’università, mentre i figli delle classi più modeste restano “confinati” negli istituti professionali, ci sono divari nuovi e contemporanei. Quello tecnologico e digitale, ad esempio. Che dimostra quanto i teenager italiani siano simili ai loro coetanei europei per computer presenti in casa (il 91% degli studenti quindicenni ne possiede uno), ma quanto poco invece le nuove tecnologie siano diffuse a livello accademico. Soltanto il 50% degli studenti italiani utilizza un computer a scuola contro oltre il 60% della media europea, con una differenza territoriale che segnala un computer ogni 5 studenti nella provincia di Bolzano e uno ogni 27 da Napoli in giù. Ma forse il divario digitale più forte è quello tra allievi e insegnanti. Sarà perché i prof italiani, per l’Ocse, sono tra i più anziani d’Europa, la realtà è che soltanto il 24,6% è favorevole all’uso del computer in classe, a fronte di uno striminzito 6% che lo ritiene un supporto insostituibile.

Infine, oltre a sottolineare le fratture, il rapporto della Fondazione Agnelli rinnova il dibattito sul “federalismo scolastico”. Uno scenario prossimo, di cui Tuttoscuola si è occupato spesso. E che rilanceremo presto.