Il neo DS più bravo d’Italia: ‘Il mio obiettivo? Rendere la scuola un ambiente in cui star bene’

Le parole d’ordine: resilienza, autoefficacia, dimensione etica ed educativa della professione. No alla burocratizzazione, sì alla centralità dello studente. Grande cura della progettazione didattica e della efficacia del curricolo “aperto”. Da subito uno staff con il quale condividere la gestione

Danilo Vicca è risultato primo nella graduatoria nazionale del concorso per dirigenti scolastici appena concluso. Abbiamo voluto conoscerlo per capire come si prepara al nuovo ruolo.

Ma innanzitutto, qual è stato il suo percorso di studi e professionale? E’ un accademico di estrazione (due Dottorati di ricerca e Abilitazione scientifica nazionale al ruolo di Associato di Linguistica Francese), docente nel TFA, è comandato dal MIUR presso l’EIP Italia Scuola Strumento di Pace, per la formazione del personale della Scuola sui temi dell’innovazione didattico-metodologica, del Piano nazionale scuola digitale (PNSD-PON Per la Scuola), delle Soft skills e della cittadinanza globale.

Oltre alle numerose monografie e articoli accademici, è autore di saggi su nuove tecnologie, strumenti di valutazione dei processi gestionali scolastici, CLIL, Esame di Stato e Cittadinanza e Costituzione.

È delegato EIP Italia presso il network internazionale DARE (Democracy and Human Rights in Education), organismo patrocinato dal Consiglio d’Europa, attivo nella definizione di politiche educative e nella formazione sui temi dei diritti umani a livello europeo.

Lei è vincitore del primo concorso della storia della dirigenza scolastica, nel cui bando nazionale i cicli scolastici non sono distinti. Sostanzialmente lei è il più bravo preside della storia concorsuale. Come si sente?

“Devo dire che la notizia mi ha colto con sorpresa. Sapevo di aver fatto delle prove buone e di avere anche un certo numero di titoli, ma non credevo davvero di risultare il primo in graduatoria.

Sono molto lusingato da quanto lei dice, ovvero dal fatto di essere il “primo preside” in Italia, in un concorso di portata nazionale tanto complesso e articolato, ma le dico, in tutta onestà e senza falsa modestia, che mi sento primo tra molti pari. Ho conosciuto colleghi straordinari, compagni di viaggio, negli anni di formazione, con i quali abbiamo intessuto rapporti umani e professionali davvero importanti, che hanno senz’altro fatto la differenza nel raggiungimento di questo traguardo.

Sono anch’io reduce dalla disavventura di una esclusione mal digerita nel concorso DS 2011 e mi sento vicino ai molti colleghi che non sono risultati idonei. Spero che adesso la situazione del contenzioso, con i molti dissapori e malumori che l’hanno accompagnata, rientri e si ridimensioni alle competenze degli organismi preposti a dirimerla, al fine di superare le tensioni, le distanze e le diffidenze, per avviare il nuovo anno scolastico con la necessaria serenità di tutti.

Né posso pensarmi “primo preside” in Italia se considero i moltissimi dirigenti scolastici in servizio che ho avuto modo di conoscere e con i quali ho potuto collaborare come docente. Ho conosciuto presidi di spessore umano e levatura professionale altissimi e da loro credo di aver imparato molto, cogliendo il tratto e la competenza professionale che maggiormente li caratterizzava nella loro azione dirigenziale. È a loro che devo le competenze che ho sviluppato nella visione d’insieme, nella leadership, nella mediazione, nella relazione ma anche nella gestione operativa e amministrativa.

Se essere il primo preside d’Italia vuol dire rappresentare la sintesi di tutti loro, allora sono onorato di esserlo”.

Qual è il suo principale timore all’idea di andare a gestire dal primo settembre una nuova scuola?

“Il timore di iniziare questa nuova avventura è forte, ma ogni volta che mi assale la paura di non farcela o di non essere all’altezza, ripenso all’impegno profuso e alla fortissima spinta che da sempre ha alimentato il mio desiderio di diventare dirigente scolastico. Credo che il timore e la paura siano sintomatici della serietà e della responsabilità con le quali ci si avvicina al ruolo.

Il mio timore principale è forse quello di cedere alle tentazioni, a volte rassicuranti, dell’eccessiva burocratizzazione della professione. Vorrei non perdere mai di vista la centralità dello studente, del suo rapporto con l’insegnante, l’importanza e la cura della progettazione didattica e della efficacia del curricolo “aperto”. Ho forti speranze di riuscire a gestire l’apparato amministrativo e le incombenze burocratiche che ne discendono, in modo da far prevalere la dimensione etica ed educativa di una dirigenza proclive ai processi di insegnamento-apprendimento”.

Qual è l’aspettativa che si prefigge di realizzare con il nuovo incarico?

“La mia più grande aspettativa, per i prossimi anni, è quella di rendere la scuola un ambiente in cui stare bene. Mi sono occupato per molti anni di funzioni di supporto agli studenti, dei rapporti con i genitori; ho lavorato nella formazione del personale scolastico, dei docenti in particolare. Ho una certa conoscenza delle tre anime della scuola che mi permette di dire che si rileva, non sempre ma neppure occasionalmente, un forte senso di insofferenza e frustrazione. La scuola è, a volte, un luogo in cui nessuno sta veramente bene. Lo studente non trova sempre risposte e sollecitazioni alle sue curiosità e alle nuove esigenze, in termini di saperi e competenze, che la società stimola; i genitori, per ovvi motivi sovraordinati, delegano funzioni proprie, hanno aspettative di tipo assistenziale verso la scuola, ci entrano in conflitto, come l’elevata mole di contenzioso amministrativo conferma. Anche la motivazione degli insegnanti è messa a dura prova, nella faticosa gestione del loro delicatissimo lavoro che si deve adattare e riadattare continuamente alle innovazioni introdotte a livello sistemico, con un aumento inevitabile del carico burocratico che, necessariamente, toglie energie per la didattica. A ciò aggiungiamo che spesso le scuole non sono ambienti accoglienti, le strutture necessitano di restauro e manutenzione e anche le infrastrutture non sono sempre al massimo dell’efficienza. Insomma, rispetto a questa situazione vorrei vedere il bicchiere “mezzo pieno”, mi piacerebbe contribuire a far sì che le componenti della comunità scolastica stiano bene a scuola, che ci vengano volentieri, che i giovani trovino risposte e che vogliano frequentarla anche oltre l’orario curricolare o obbligatorio, che ci siano i presupposti materiali e umani per favorire le occasioni di crescita culturale e professionale, di espressione della creatività e delle potenzialità di ciascuno.

È forse un’aspettativa molto ampia e alta, che certamente mi impegnerà nel lungo termine, ma da qualche parte si può iniziare. Si possono senz’altro muovere primi passi con progetti di riqualificazione degli ambienti, accompagnati da azioni educative sul decoro, sulla cultura della bellezza e del senso estetico, sulla cura e sul rispetto delle cose, oltre che delle persone. In questo senso plaudo all’introduzione dell’educazione civica”.

Alle prime difficoltà non potrà lamentarsi più di tanto, perché ci sarà sempre qualcuno pronto a dirle: “Hai voluto la bicicletta ora pedala!…” come pensa di rispondere a questa affermazione?

“Sono un grande sportivo e anzi devo dire che le migliori intuizioni e le idee più creative mi vengono durante una sessione di allenamento o una corsa al parco.
Mens sana in corpore sano! A parte la battuta, credo che chi risponda alla chiamata di questa “vocazione”, perché di questo si tratta, abbia già in dotazione una innata inclinazione alla resilienza e all’autoefficacia. Un DS non può abbattersi o arrendersi di fronte agli ostacoli, anzi se possibile, deve affrontarli con spirito critico e con la capacità di scorgervi occasioni da cogliere per favorire processi di miglioramento.

Sono anche convinto che il dirigente non sia mai da solo; lo è, forse, nel momento in cui prende decisioni e se ne assume la responsabilità, ma nei processi e nelle pratiche è supportato dalla comunità professionale a scuola, dagli altri colleghi dirigenti, dagli uffici scolastici, dalle associazioni professionali. Insomma, c’è una vasta rete di relazioni che permette di superare il rischio di isolamento e di autoreferenzialità. Perciò se dovesse succedermi di trovarmi in difficoltà mentre pedalo, so di poter contare su un compagno di squadra che mi passa la borraccia, come farei io, se ve ne fosse bisogno.

Tra le mie priorità a settembre ci sarà la costituzione dello staff.

Punterò moltissimo  sulle competenze e sui valori condivisi di chi mi affiancherà: il mio primo obiettivo sarà formare una squadra coesa e sinergica, in cui le capacità e le abilità di ciascuno si integrino per  il beneficio di tutti, un po’ come in un’orchestra dove ogni strumento partecipa al coinvolgimento e all’emozione di chi ascolta.

Da primo tra pari, mi sento di dire, a nome dei neo ds, che proveremo ad affrontare con impegno, entusiasmo e spirito di servizio il compito che ci attende.

Auguro ai neo dirigenti un sereno avvio di anno scolastico, nella certezza che siamo tutti animati da un comune ideale, quello di impegnarci al massimo delle nostre capacità e possibilità nell’interesse di questi giovani cittadini del presente (ancor prima che del futuro!) che popoleranno, tra qualche settimana, le nostre aule con sogni, attese, ansie e speranze”.

Buon lavoro, al Prof. Vicca e a tutti i neo dirigenti scolastici.

O.F.