Il federalismo scolastico e la questione del Mezzogiorno

Il recente rapporto per l’anno 2008 dello SVIMEZ fornisce una visione allarmante della situazione del Mezzogiorno. I dati economici degli ultimi sette anni evidenziano l’allargarsi del divario non solo nei confronti del resto del Paese ma anche rispetto alle altre aree deboli dell’Unione Europea.

Il rapporto è ricco di dati economici e pur toccando marginalmente le questioni educative, traccia un quadro preoccupante per la scuola. Secondo un modello ben noto agli economisti che studiano il sottosviluppo, l’assenza di opportunità lavorative nel Sud spinge i giovani a un prolungamento forzoso del periodo di istruzione che, tuttavia, non garantisce livelli di reddito adeguati: il 9,4 % dei laureati nel Mezzogiorno sono esposti al rischio povertà, rispetto al 4% del Centro-Nord.

Il divario con le altre regioni, anche meno sviluppate, dell’Europa risulta particolarmente rilevante nel campo della formazione del capitale umano e della ricerca. Emerge, in particolare, che la quota dei laureati nelle discipline scientifiche sulla popolazione adulta è pari ad appena il 10,4% in Sardegna, al 10,5% in Puglia, al 10,8% in Sicilia. Solo le aree più arretrate della Romania e del Portogallo hanno indici più bassi.

Negli ultimi anni il divario tecnologico si è accentuato; sul totale della popolazione che utilizza il computer nel Sud solo l’11% ha frequentato corsi di informatica, contro il 30,9% delle regioni centro-settentrionali. Non è quindi un caso che in Italia le aree deboli dell’indagine OCSE-PISA coincidano con quelle meridionali.