Il dilemma del dirigente scolastico/1. Il tutor va nominato

Cosa succederebbe se chiunque si permettesse, nell’esercizio di una pubblica funzione, di sostituirsi alla Corte Costituzionale nella lettura delle norme? Il caos più totale”. E’ questa la tesi sostenuta da Laura Paolucci, dell’Avvocatura generale dello Stato, nella relazione svolta in occasione dell’incontro seminariale su “Dirigenza scolastica e legge di riforma”, promosso dall’ANDIS (Associazione Nazionale Dirigenti Scolastici) a Jesolo a fine maggio (www.andis.it).
Di conseguenza gli organi collegiali e i dirigenti scolastici non possono utilizzare l’autonomia ad essi riconosciuta dal DPR 275/99 e dall’art. 117 della Costituzione per opporsi ad una legge di riforma. I dirigenti scolastici possono al massimo “interpretare” le norme giuridiche alla luce della funzione sociale dell’istituzione scolastica, per accrescerne efficacia ed efficienza, ma non possono disattenderle, nemmeno nel caso della nomina del “tutor”. Inoltre il Decreto legislativo n. 165/2001 (art.2, comma 2) prevede che la legge possa innovare anche in materia di rapporti di lavoro assegnati di norma alla contrattazione, e che le relative disposizioni mantengano validità fino a che non intervenga una diversa disciplina di natura contrattuale.
L’unico soggetto abilitato a decidere in materia di conflitto tra le leggi (come il D. Leg.vo 59) e i principi costituzionali è la Corte Costituzionale. Il rispetto della gerarchia delle fonti, comunque, comporta che fino a quando la Corte non si sia pronunciata, la legge vada rispettata e applicata. E il tutor nominato.
Questa è dunque la posizione di un esponente dell’Avvocatura dello Stato, sulla quale l’ANDIS ha attivato un osservatorio-forum aperto agli iscritti. I quali non sono tutti d’accordo, a partire da quelli più vicini alla CGIL scuola.