Il coraggio di cambiare: la personalizzazione è una strada obbligata

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È stato detto da molti, anche se ora qualcuno se lo è dimenticato o ha cambiato idea, che dopo il Coronavirus “nulla sarà come prima”. Lo abbiamo detto anche noi, e ribadiamo la convinzione che il cambiamento non riguarderà solo il versante del lavoro (smartworking, accelerazione dei processi di automazione, nuove professioni legate alla rete e all’intelligenza artificiale, riconversione green dell’economia ecc.) ma anche quello della formazione scolastica.

La società italiana, anche a causa del decremento demografico, non può più permettere che la scuola perda per strada aliquote importanti dei suoi giovani, a maggior ragione ora che si tratta di fronteggiare le conseguenze di una crisi economica e occupazionale senza precedenti.

Deve dunque mettere l’inclusione scolastica (e poi sociale) al centro delle proprie politiche, e deve farlo subito, dal prossimo mese di settembre anche in via sperimentale, dando anche così un segnale forte di discontinuità con la scuola pre-Covid-19, la scuola delle classi, degli standard e delle bocciature.

All’inclusione come asse strategico del cambiamento si ispirava già la proposta di Tuttoscuola, costruita a partire dalle analisi presentate nel dossier “La scuola colabrodo” (rilanciata nel progetto in corso “La scuola che sogniamo”), che è in sintesi quella di eliminare qualunque forma di esclusione dal circuito scolastico e formativo fino ai 18 anni (termine degli studi secondari, da accorciare di un anno), da realizzare attraverso la personalizzazione degli itinerari educativi individuali, l’eliminazione degli standard, e la sostituzione dei diplomi con la certificazione delle competenze, utilizzando un sistema di valutazione solo in positivo del tipo di quello a 6 livelli (da A1 a C2) adottato nel “Quadro comune europeo di riferimento per la conoscenza delle lingue”.

Occorre farsi venire un’idea. Per esempio, perché non utilizzare meglio gli insegnanti di sostegno? L’utilizzazione sistematica dei docenti di sostegno (ormai 170.000), che conoscono bene la tematica della personalizzazione, in sinergia con i docenti delle materie curricolari, potrebbe dar luogo alla formazione e redistribuzione di tutti gli studenti, compresi quelli da loro seguiti, in gruppi di livello (ability grouping), però mobili, aperti.

All’obiezione che una scelta di questo genere porterebbe all’abbassamento del livello medio di apprendimento si potrebbe rispondere non solo che la personalizzazione è molto più motivante per gli alunni ma anche con la definizione di un core curriculum ristretto, limitato cioè a un nucleo essenziale di saperi e competenze (linguistiche, logico-matematiche e tecnologiche), che deve essere  acquisito nella scuola di base a un livello minimo predefinito di padronanza ma che  già a partire dal primo o dal secondo anno di scuola secondaria di primo grado potrebbe essere integrato dallo studio di altre  discipline e attività rimesso alla libera scelta dei singoli alunni, assistiti dai docenti d’intesa con le famiglie.