Il biennio poco unitario di Zapatero

La riforma degli ordinamenti e dei programmi recentemente varata in Spagna può offrire elementi di riflessione anche al nostro Paese, impegnato a risolvere l’annoso problema delle modalità di assolvimento dell’obbligo di istruzione nella fascia più delicata, quella del biennio 14-16 anni.

Come mostra un ampio dossier meritoriamente curato dell’Adi, reperibile nel sito dell’Associazione (http://ospitiweb.indire/adi/), anche la Spagna di Zapatero, che pure si era impegnata a correggere in senso unitario gli elementi di diversificazione dei percorsi 14-16 che il precedente governo Aznar aveva deciso di introdurre prima di perdere le elezioni del 2004, ha finito per varare un modello di biennio fortemente articolato, con l’obiettivo di ridurre gli alti tassi di dispersione che tuttora si registrano in quella fascia d’età.

Il biennio 14-16 anni, che in Italia coincide con i primi due anni del secondo ciclo, in Spagna fa invece parte della scuola secondaria di primo grado obbligatoria, che dura 4 anni ed è suddivisa in due bienni, 12-14 e 14-16 anni. I governi socialisti degli anni novanta avevano accentuato il carattere unitario dell’intero ciclo, ma senza riuscire a risolvere il problema della forte dispersione che si verificava nel secondo biennio. Ora, dopo le incompiute riforme del popolare Aznar, ci riprova un altro socialista, Zapatero, che però sembra muoversi in materia più sulle orme neoriformiste di Blair che su quelle del socialismo tradizionale.

Dal prossimo anno scolastico 2007-2008 sarà così possibile differenziare i percorsi degli allievi, già a partire dal terzo anno (primo del secondo biennio), attraverso una combinazione di opzioni e di programmi disciplinari diversificati (come per la matematica), mentre il quarto anno potrà essere frequentato anche nel sistema della formazione professionale iniziale. Si deve inoltre tener conto del fatto che ulteriori elementi di flessibìlità curricolare possono derivare dall’ordinamento accentuatamente federale della Spagna, dove solo una percentuale tra il 55 e il 65% dei programmi è stabilito a livello nazionale, essendo il resto rimesso alle autorità regionali.