Il balletto degli scatti

È stato Massimo Di Menna, segretario della Uil scuola, a usare l’efficace termine ‘balletto’ per definire la vicenda degli scatti 2013 del personale docente, comparsi e scomparsi più volte in un fantasmagorico alternarsi di scene e retroscene.

Una disavventura politico-contabile dalla quale non esce bene nessuno dei protagonisti del balletto: né i primi ballerini, inevitabilmente Maria Chiara Carrozza e Fabrizio Saccomanni, né i comprimari: da una parte i sindacati, che si sono dovuti rassegnare al mancato riconoscimento del 2013 ai fini dell’anzianità, e dall’altra i partiti rappresentati in Parlamento, che in buona parte hanno approvato la legge che ha congelato gli scatti e creato il problema.

Dal punto di vista di Saccomanni quella degli scatti era solo una tessera del più ampio mosaico di tagli, congelamenti, spending review sulla base del quale il governo italiano aveva da poco ottenuto dalle autorità monetarie europee l’annullamento della procedura di infrazione per deficit eccessivo a carico del nostro Paese. In un’ottica meramente quantitativa e ‘ragionieristica’ secondo i detrattori, nella rigorosa applicazione di una medicina amara ma imprescindibile secondo Saccomanni.

Ma Carrozza, che con il decreto ‘L’istruzione riparte’ aveva a sua volta da poco ottenuto di invertire il trend negativo della spesa per l’istruzione, si è sentita presa in contropiede, in qualche modo contraddetta, e ha reagito – forte anche dell’immediata protesta di Matteo Renzi contro il recupero forzoso degli scatti già pagati nel 2013 a 90.000 insegnanti – responsabilizzando in qualche modo il collega del MEF.

Il pas de deux del balletto si è (per ora) concluso senza vinti né vincitori: Carrozza ha ottenuto l’annullamento dei ‘recuperi’, Saccomanni il ‘risarcimento’, sempre a carico del bilancio del Miur, delle minori entrate derivanti da tale annullamento. A pagare il conto saranno le scuole, che si vedranno ridotte le già scarse e taglieggiate risorse di cui dispongono.