Il 57% dei prof inglesi aggrediti dagli alunni. Il 92% insultati

Il 50% dei professori inglesi dice di esser stato aggredito da qualche suo alunno. Il 37% dice di aver saltato il lavoro, a causa di stress e depressione. Il 92% insultato.

Davide Rondoni su Avvenire commenta “Quel che emerge da una indagine nelle scuole del Regno Unito è il ritratto di un fallimento. Di un fallimento educativo grave. Che deve suggerire a chi, come il nostro Paese ormai discute molto di emergenza educativa, qualcosa su come passare dalle parole ai fatti.”

“C’è un problema di metodo educativo. – scrive Rondoni – Non si può pensare che la scuola sia basata su istruzione e disciplina. Ridurre il problema educativo a fornire istruzione e garantire disciplina significa non centrare il cuore del problema. Che sta nella esigenza che i giovani hanno. L’esigenza di un significato per l’esistenza, da scoprire anche nell’impegno con le materie su cui istruirsi e la disciplina necessaria. La riduzione della scuola ad agenzia formativa, a sistema puntato alla fornitura di abilità condite con qualche richiamo a “state buoni se potete”, non realizza lo scopo della scuola.”

Usa parole dure l’articolista per chi si stupisce anche n Italia dei casi di violenza a scuola: “E stupirsi come sovente accade che dei ragazzi a cui si offre istruzione e modi per passare il tempo trasformino quei luoghi in spazi anche di violenza e di disagio è da babbei.”

“Ormai in molti ragazzi, anche da noi, è passata l’idea – osserva amaramente Rondoni – che i confini del bene e del male li definiscono le leggi vigenti. E nient’altro. Un luogo dove si cresce così, e non educati a coltivare in se stessi criteri di lettura e di giudizio intorno al bene e al male, diverrà una palestra di ciò che sta di qua o di là della illegalità. Sarà questa violenza, tremenda tanto più in quanto ingenua dal punto di vista morale, il “sale” che rende saporiti certi giorni noiosi dell’apprendimento.”

“Dai dati tremendi che arrivano dall’Inghilterra – conclude – vengono molte cose su cui pensare. Ma occorre farlo in fretta.”