
IA generativa. Il cyberumanesimo ci salverà? Un libro di Camisani Calzolari

È inevitabile che l’ulteriore, crescente, interconnessione tra cervello umano e prodotti dell’Intelligenza Artificiale riduca la libertà e la responsabilità degli individui, fino a renderli schiavi della loro stessa creatura? È un timore condiviso, come accennato nella notizia precedente, da alcuni degli stessi scienziati (informatici, neuroscienziati, bioingegneri e così via) che tali prodotti li hanno inventati, e che ora si preoccupano che le distopie evocate in tanti romanzi e film dell’ultimo secolo possano avverarsi.
Tale preoccupazione è al centro di un compatto e documentato volume di Marco Camisani Calzolari, saggista e divulgatore scientifico noto anche per le sue frequenti collaborazioni giornalistiche e televisive (MCC, Cyberumanesimo, Il Sole 24 ORE, 2024, prefazione di Paolo Benanti, esperto di etica delle tecnologie), che nel sottotitolo dell’opera formula la domanda alla quale cerca poi di dare risposta: “Come tenere sempre l’uomo al centro”?
È la stessa domanda che si sono posti gli scienziati, tra cui alcuni italiani, che hanno promosso a Vienna, nel maggio 2019, un “Manifesto per l’umanesimo digitale”, poi sottoscritto da un migliaio di ricercatori, e dallo stesso autore del libro qui presentato, che con il termine “cyberumanesimo” indica proprio la sintesi tra la tradizione umanistica occidentale e la cultura “cyber” legata all’invenzione del computer e poi dell’Intelligenza Artificiale. La tesi è che – come nell’Umanesimo e nel Rinascimento – sia sempre e comunque l’uomo al centro delle decisioni ultime.
In un passaggio chiave del Manifesto si afferma che “Dobbiamo progettare le tecnologie in base ai valori e ai bisogni umani, invece di consentire alle tecnologie di plasmare gli esseri umani. Il nostro compito non è solo quello di contenere gli aspetti negativi delle tecnologie digitali, ma di incoraggiare l’innovazione incentrata sull’uomo. Auspichiamo un Umanesimo Digitale che descriva, analizzi e, soprattutto, influenzi la complessa interazione tra tecnologia e persone, per una società e una vita migliori, nel pieno rispetto dei diritti umani universali”.
Un concetto che viene ribadito più volte nel corso delle oltre 300 pagine del libro, ma che richiederebbe regole condivise e rispettate da tutti. Ma “potremo mai obbligare, per esempio, la Corea del Nord a rispettare queste regole? E se, come esempio, dalla Corea del Nord partisse tutta la disinformazione mondiale basata sulla IA senza alcun watermark (filtro automatico pro veritate, NdR), a cosa servirebbero gli sforzi delle democrazie occidentali?” (pag. 308).
Questa domanda, purtroppo, non trova ancora risposte convincenti.
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