IA a scuola, polemiche sulla sperimentazione: problemi oggettivi o resistenza al cambiamento?

E’ compito della scuola preparare gli studenti ai cambiamenti, ai posti di lavoro che saranno creati in futuro grazie alle tecnologie che non sono state ancora inventate, a risolvere anche problemi sociali che non esistevano in passato. I profondi cambiamenti che stanno trasformando e continueranno a trasformare la società e il mondo del lavoro richiedono un approccio educativo innovativo. Trovo dunque quantomeno singolari le critiche alla sperimentazione IA lanciata dal ministro Valditara, sottolineata durante l’inaugurazione dell’anno scolastico, dato che siamo uno dei primi Paesi a sperimentare l’utilizzo dell’intelligenza artificiale per potenziare la didattica. Dovremmo esserne tutti contenti, al di là della resistenza al cambiamento, e per diversi motivi.

Primo: sia la Commissione europea, nel piano d’azione per l’istruzione digitale (2021-2027), sia la Strategia italiana per l’Intelligenza Artificiale hanno evidenziato la necessità di “riprogettare il curricolo delle scuole affinché includa gli apprendimenti nel campo dell’Intelligenza Artificiale”.   Stiamo andando quindi nella direzione giusta e ci stiamo andando in modo soft dato che la sperimentazione di Valditara concepisce l’Ia come strumento per l’inclusione.

Secondo: non si tratta di mettere in discussione la relazione insegnante-alunno. Gli studenti hanno ed avranno sempre più la necessità di acquisire competenze sull’IA, anche per saperne distinguere eventuali usi impropri. Questa è la realtà, che piaccia o no. L’IA può spaventare, si, come tutte le cose nuove, ma non è più evitabile: è in questa direzione che sta andando il mondo e la scuola non può certo sottrarsi.

Terzo: per i docenti, più che per gli studenti, può essere molto complesso avvicinarsi all’Intelligenza Artificiale. La sperimentazione del MIM lanciata in 15 classi selezionate in Lombardia, nel Lazio e in Calabria, è stata affidata a Paolo Brachini, fisico delle alte energie che è stato tra gli scopritori della famosa particella di Dio, il Bosone di Higgs. L’obiettivo è  aiutare con l’IA gli studenti che trovano più difficoltà di apprendimento. Come? Con un tutor IA personalizzato che si affianca al docente di classe.   

Quarto: l’IA NON sostituirà i docenti. L’insegnante resta fondamentale e centrale, è lui che decide ed orchestra i tutor. Si tratta quindi di un apprendimento personalizzato: gli studenti avranno a disposizione, oltre ai propri docenti, dei tutor  basati sull’IA che li aiuteranno nell’apprendimento delle stem, delle lingue, eccetera.

Quinto: come la Scuola possa trarre beneficio con l’IA lo spiega bene il Libro Bianco per l’Intelligenza Artificiale al servizio del cittadino. Tra tutti gli usi possibili,   il MIM ha scelto il più importante: l’IA per l’inclusione. In ogni scuola ci sarà una classe candela standard, dove i docenti non useranno il sistema innovativo dell’IA e una classe dove invece oltre ai docenti ci saranno i tutor (entrambe con condizioni di partenza molto simili). E’ una sperimentazione, a costo zero per le scuole e per il MIM,  saranno i test Invalsi fra due anni a verificarne i risultati.  

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