I precedenti lontani dell’ITS

Nel presentare l’identikit dei nuovi Istituti Tecnici Superiori Mariastella Gelmini li ha definiti  ‘scuole speciali di tecnologia’. Espressione forse non casuale, forse suggerita da qualche collaboratore del ministro esperto di legislazione scolastica, perché vi fu in effetti, alcuni decenni fa (l’attuale ministro non era ancora nato), un tentativo di avviare un modello sperimentale di istruzione tecnica superiore non universitaria in sette istituti tecnici (tra i quali il Molinari di Milano e il Malignani di Udine), e in quel caso si parlò proprio di ‘scuole speciali di tecnologia’.

I corsi furono istituiti con DPR “sulla proposta del Ministro Segretario di Stato per la pubblica istruzione, di concerto con i Ministri dell’interno e del tesoro” ed avviati nel 1969-70. Si trattò di una iniziativa importante, con aspetti innovativi e finalità lungimiranti, sostenuta da ben tre ministeri. Ma destinata a durare un solo anno, perché nel 1970 la Corte dei Conti bocciò il decreto con una motivazione tipicamente burocratica: l’incompetenza del MPI a rilasciare titoli al di là del diploma di maturità (era previsto il rilascio del diploma di “tecnologo”).

Eppure proprio in quegli anni, tra il 1960 e il 1970, molte erano state le iniziative intraprese in Europa per varare un sistema di formazione tecnica superiore applicata alternativo rispetto ai percorsi universitari. Ma mentre la Gran Bretagna varava i Politechnics, la Germania le Fachhochschulen, la Francia le STS (Sezioni Tecniche Superiori) nelle scuole e gli IUT nelle università (Istituti Universitari di Tecnologia, biennali), l’Italia vide arenarsi nel giro di un anno il suo tentativo di allinearsi al trend internazionale. A posteriori si può dire che fu sprecata una grande opportunità. C’è da fare i complimenti a quei solerti giudici della Corte dei Conti, anche se non si può certo far ricadere solo su di loro il gravissimo ritardo con il quale il nostro paese arriva a istituire questo segmento di istruzione superiore.