I centomila in piazza per la scuola

Venerdì scorso per le vie di Roma hanno sfilato, secondo le cronache, almeno in 100 mila, provenienti da tutta Italia per lo sciopero della scuola contro la politica del Governo e del ministro Moratti. Snals, Unicobas, Cobas e Gilda hanno tenuto la scena, dopo che i sindacati confederali della scuola, appagati dall’accordo del pubblico impiego per le risorse di contratto, avevano da giorni revocato lo sciopero.
I manifestanti di Roma avevano una provenienza molto eterogenea (personale della scuola, no-global e studenti) non adatta certamente a capire come la scuola, soggetto primario dello sciopero, abbia realmente vissuto questo giorno di protesta. Affermare quindi che la scuola italiana ha massicciamente aderito alla protesta sembra un po’ azzardato.
Il ministero dell’istruzione ha ufficialmente parlato del 12% di adesioni (ricavato da un campione di scuole); i manifestanti ovviamente hanno parlato di percentuali molto superiori. E così, ancora una volta, siamo di fronte ad una guerra di cifre giocata sulla testa del personale scolastico e delle famiglie.
Come ormai capita da troppo tempo, nelle dichiarazioni del giorno dopo ciascuna parte reclama la sua “vittoria”, senza cercare la verità che alla fine potrebbe diventare scomoda o compromettere alcuni equilibri di forze, ma che sarebbe diritto del personale della scuola e dell’opinione pubblica conoscere.
A parte la rilevazione campione nel giorno dello sciopero, il ministero può disporre in poco tempo della situazione completa di adesione in base al referto che tutte le istituzioni scolastiche sono tenute ad inviare il giorno dopo agli uffici scolastici provinciali.
Perché, nell’era della telematica, non inizia ad avvalersene?