I campus? Ci sono già

Adesso ne parlano tutti. Il “campus” sembra essere diventato la parola magica con la quale affrontare il problema del futuro dell’istruzione tecnico-professionale. Anche Confindustria, che preferisce chiamarli “poli tecnologici“, punta su questo modello, che vedrebbe coesistere all’interno delle sedi polo, o campus, i licei quinquennali con i loro vari indirizzi, e i percorsi tri-quadriennali professionalizzanti, seguiti da ulteriori due-tre anni di formazione tecnica superiore a carattere applicato, a sviluppo degli attuali IFTS.
I campus disporrebbero di adeguati laboratori, utilizzabili dagli studenti di tutti gli indirizzi, che sarebbero conferiti ad essi dai non pochi istituti tecnici e professionali, e anche da qualche centro della ex formazione professionale regionale, che già dispongono di strutture di prim’ordine, spesso utilizzate dalle università o per lavorazioni conto terzi.
I vantaggi di un modello di questo genere, che dovrebbe comunque ricevere l’avallo della Conferenza Stato-Regioni per dar luogo a un piano operativo generalizzato, sarebbero molteplici: dalle economia di scala al mantenimento di tutti i percorsi del secondo ciclo sotto lo stesso tetto (come in Svezia), dalla utilizzazione dei docenti su tutta la gamma dei percorsi ad una più efficace e flessibile azione di orientamento degli allievi, soprattutto nel biennio iniziale. Anche sul piano politico-istituzionale il campus avrebbe una certa agibilità, presentandosi come una soluzione intermedia tra il modello unitario sostenuto dal centro-sinistra e quello binario proposto dall’attuale maggioranza. Va infine tenuto presente il fatto che un certo numero di “Istituti di Istruzione Superiore“, derivanti dall’accorpamento di istituti tecnici e professionali (e in qualche caso anche di licei) stanno già attuando esperienze che vanno in direzione del campus. Per sincerarsene, basta visitare i siti Internet di qualcuno di questi IIS: per esempio www.istitutopesenti.it o www.daronco.it.