Hanushek: pagare meglio gli insegnanti non basta…
In un articolo pubblicato sulla influente testata online EducationWeek (8 novembre 2019) il noto economista dell’istruzione statunitense Eric A. Hanushek (che abbiamo incontrato nel 2013: https://www.tuttoscuola.com/indagini-internazionali2-hanushek-servono-alleconomia/ ) affronta il problema della modesta qualità media degli insegnanti americani, dovuta anche alla scarsa attrattività della professione: un insegnante americano è retribuito in media il 22% in meno di quello che potrebbe guadagnare al di fuori dell’insegnamento. Da questo punto di vista gli USA, in un campione di 23 Paesi sviluppati, risultano tra quelli che pagano peggio i loro docenti, sempre in rapporto ai compensi percepiti da chi, pur potendo insegnare, ha scelto altre professioni meglio retribuite.
Secondo Hanushek gli studenti americani “fanno peggio nei test PISA internazionali di matematica e scienze di quanto farebbero con insegnanti di qualità superiore”, ma non possono averli perché i migliori laureati o scelgono di fare un altro mestiere oppure lasciano la scuola assai presto. Occorre quindi alzare lo stipendio dei docenti sia per attrarre nuovi aspiranti all’insegnamento sia per trattenere a scuola i migliori.
Basterebbe dunque pagare meglio gli insegnanti? Per nulla, risponde Hanushek: in primo luogo perché stipendi migliorati porterebbero alla scuola un certo numero di insegnanti migliori, ma gli aumenti sarebbero riconosciuti anche a tutti gli altri. E presto si riprodurrebbe la stessa situazione perché i migliori finirebbero per demotivarsi.
L’unica soluzione, a suo avviso, è di tornare a una proposta di accordo con gli insegnanti (“grand bargain”) avanzata più di 15 anni fa ma allora boicottata dai sindacati: differenziare le retribuzioni legandole ai risultati che i loro alunni ottengono nei test. “L’affermazione secondo cui gli insegnanti non possono essere valutati in modo adeguato è in netto contrasto con ciò che si vede nella stragrande maggioranza dei lavori complessi in tutta l’economia”.
I sindacati dovrebbero prendere sul serio una parte della loro stessa retorica: “dobbiamo professionalizzare l’insegnamento”. Se lo volessero davvero dovrebbero riconoscere che i professionisti sono persone disposte a essere ritenute responsabili delle loro prestazioni, e quindi dei risultati del loro lavoro. Se si mettessero in questo ordine di idee, conclude lo studioso, che è anche un ascoltato consulente dell’OCSE, i sindacati potrebbero svolgere un ruolo importante nella definizione dei criteri di valutazione delle prestazioni degli insegnanti, e tutta la società trarrebbe notevoli benefici economici da una scuola migliore.
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