Smartphone, guerra di liberazione. In Europa movimenti e iniziative per vietarlo a scuola
Fin da quando è stato pubblicato (febbraio 2024), il saggio dello psicologo sociale americano Jonathan Haidt, The Anxious Generation – la cui importanza è stata tempestivamente notata e evidenziata da Tuttoscuola – ha dato il via in tutta l’Europa a una serie di movimenti (uno dei quali prende il nome dal suo libro) e di iniziative auto-organizzate di genitori che chiedono con forza alle autorità scolastiche di vietare agli studenti di portare a scuola i loro smartphone e a quelle politiche di varare leggi che vietino agli stessi genitori di darli ai loro figli prima che abbiano compiuto 16 o addirittura 18 anni.
Il saggio di Haidt, che ha posto in stretta relazione l’accesso precoce all’uso degli smartphone con la diffusione delle malattie mentali tra gli adolescenti, ha impresso una forte accelerazione a iniziative di controllo/divieto dell’uso/abuso di questi devices che erano comunque già in corso da anni.
In Francia restrizioni e cautele erano già state introdotte a partire dal 2018 ma ora Emmanuel Macron, anche sulla base dei risultati di una recente ricerca da lui commissionata, sembra deciso a chiedere al governo Attal (o a quello che gli succederà, dopo l’esito delle recenti elezioni politiche) di vietare per legge l’accesso alla maggior parte delle piattaforme di social media da parte dei giovani fino ai 18 anni.
Misure restrittive sono state decise o sono allo studio in molti altri Paesi europei, e anche in Italia, dove una circolare del ministro Valditara ha stabilito che a partire dal prossimo anno scolastico 2024/2025 l’utilizzo in classe degli smartphone (non dei tablet) sia vietato nelle scuole italiane, anche per fini educativi e didattici, dalla scuola dell’infanzia fino alla scuola media.
Faranno eccezione solo i casi previsti dal Piano Educativo Individualizzato o dal Piano Didattico Personalizzato, per sostenere gli alunni e le alunne con disabilità, bisogni specifici per l’apprendimento o altre condizioni personali documentate. Computer e tablet saranno consentiti esclusivamente a scopo didattico e sotto la supervisione del personale docente.
La decisione è stata presa anche alla luce dei dati riportati nel rapporto 2023 del GEM (Global Education Monitoring) redatto dall’Unesco, e citati dallo stesso ministro, secondo i quali nel nostro Paese quasi il 38% degli studenti ammette di essere distratto dal proprio cellulare durante le lezioni, mentre il 29% si dice disturbato dall’uso che ne fanno i compagni.
Dati significativi, ma che non convincono tutti ad abbracciare la crociata contro il cellulare in classe. “La classe diventa (diverrebbe) così un’enclave, una bolla di security e di salute mentale e cognitiva, mentre tutto intorno (a partire dalle mura domestiche) sono in primo luogo gli adulti a fare un uso smodato e compulsivo dei telefoni cellulari”. Lo scrive Giorgio Cavadi, già Dirigente tecnico con funzioni ispettive presso USR Sicilia, in un interessante intervento sul nostro sito, che aggiunge: “il divieto dell’uso dei cellulari in classe, se non compensato da un’educazione profonda all’interazione con il digitale in senso lato, e con il mondo della Rete, si riduce ad una vana battaglia di retroguardia che, in ultima analisi, limita l’attuazione e il conseguimento di una cittadinanza piena ed autonoma dell’adolescente nel mondo attuale come riportano le molteplici e dettagliate indicazioni delle aree di DigComp2.2. Lasciare il cellulare fuori dall’aula significa, molto banalmente, lasciare fuori il mondo degli adolescenti”.
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