Gli ex ministri attaccano la Gelmini, ma con distinguo

A colpi di decreti legge – prima il n. 112 (ora legge n. 133), poi il decreto varato la scorsa settimana – prende forma la strategia di politica scolastica decisa da Mariastella Gelmini, solo in parte annunciata nelle dichiarazioni programmatiche rese in Parlamento. Meno insegnanti meglio pagati, aveva riassunto il ministro, ripristino del principio d’autorità, meritocrazia. E aperta disponibilità a farsi carico dei pesanti tagli al bilancio dell’istruzione imposti dal ministero dell’Economia.

E’ su quest’ultimo punto, una vera novità nella storia della scuola italiana (tutti i precedenti ministri, di destra e di sinistra, avevano battagliato con il collega del Tesoro per avere più fondi), che gli ex ministri Fioroni, Berlinguer e De Mauro vanno all’attacco della Gelmini.

Secondo Fioroni l’attuale ministro ha promosso una vera e propria strategia della distrazione (cinque in condotta, grembiuli, ritorno ai voti nella scuola di base ecc.) per coprire “i tagli che mettono a repentaglio la presenza delle scuole nei comuni più piccoli, nei comuni montani” e l’introduzione della “quota capitaria” (finanziamento rapportato al numero degli studenti), che significa in pratica – secondo l’ex ministro – favorire le metropoli e le regioni del Nord a scapito delle zone disagiate e dei figli degli immigrati.

Luigi Berlinguer, ministro tra il 1996 e il 2000, attacca in particolare il ritorno al maestro unico nella scuola primaria: un provvedimento ingiustificato, che servirebbe solo a realizzare risparmi tagliando posti di lavoro.

Anche Tullio De Mauro, successore di Berlinguer nel Governo Amato (2000-2001), critica i tagli, ma perché impediranno di fare proprio quegli interventi di riequilibrio a favore del Sud che la stessa Gelmini aveva proposto di realizzare. “Magari fosse di due anni il ritardo che separa il Sud dal Nord nell’istruzione“, ha detto De Mauro, “in realtà è un ritardo epocale“.