
Gestione della classe e benessere scolastico. Strumenti per un clima relazionale positivo tra adolescenti

Classi difficili, che tolgono il respiro prima ancora di entrarvi. Adolescenti in conflitto con il mondo, dinamiche esasperate, relazioni che si consumano tra urla, silenzi e chiusure. In questi contesti, il clima della classe diventa disfunzionale, un luogo inospitale non solo per l’apprendimento ma per l’esistenza stessa del gruppo. Se non riconosciute e affrontate con metodo, tali situazioni possono degenerare fino a generare incidenti, con risvolti gravi sul piano disciplinare, civile o addirittura penale per chi ne è coinvolto.
Ogni aula è un microcosmo in cui si intrecciano emozioni, aspettative, timori e desideri. L’insegnamento non può ridursi alla trasmissione frontale di contenuti, perché ogni apprendimento significativo nasce da una relazione educativa autentica. Il docente è mediatore di saperi, ma anche figura di riferimento affettivo ed emotivo, in grado di riconoscere nei suoi studenti non solo discenti, ma persone complesse in continuo cambiamento. La qualità della relazione tra insegnante e alunno influenza in modo diretto il clima della classe, la motivazione allo studio, la partecipazione e il successo formativo.
Un insegnante che sa entrare in sintonia con la classe, modulando tono di voce, postura, sguardo e parole, crea le condizioni ideali per l’ascolto e la partecipazione. Questo tipo di comunicazione non verbale trasmette fiducia, sicurezza, empatia. Lo stile relazionale, empatico e autorevole, favorisce un ambiente in cui lo studente si sente accolto e valorizzato, libero di esprimersi senza timore di giudizio. È proprio in questa atmosfera di accoglienza che la lezione smette di essere una performance unidirezionale e si trasforma in un incontro autentico, uno spazio umano in cui il sapere non si impone ma si condivide.
Quando la relazione educativa è coltivata con cura e consapevolezza, può accendere motivazioni profonde, migliorare l’autostima, dare significato allo studio e contrastare efficacemente fenomeni di dispersione scolastica. In tal senso, ogni gesto relazionale dell’insegnante, un sorriso, una domanda personale, un incoraggiamento si carica di potere trasformativo, contribuendo a costruire un clima scolastico in cui l’apprendimento si nutre di fiducia, rispetto e dialogo autentico.
La prevenzione del conflitto attraverso l’ascolto
I conflitti scolastici non sempre esplodono in modo evidente ma spesso si annidano in sguardi evitanti, silenzi prolungati, assenze reiterate, risposte aggressive o atteggiamenti di chiusura e demotivazione. Sono segnali sottili, ma significativi, che richiedono da parte del docente una capacità di osservazione profonda e una sensibilità relazionale maturata nel tempo. Intercettare questi segnali implica saper leggere il non detto, decodificare i linguaggi del corpo, intuire il bisogno celato dietro un gesto provocatorio.
Un docente attento non si limita a valutare il profitto, ma guarda oltre la prestazione scolastica, domandandosi che cosa stia accadendo nella vita interiore dello studente, quali fatiche stia attraversando. La creazione di momenti di ascolto strutturati, come cerchi di parola a cadenza settimanale, questionari emotivi anonimi, sportelli di confronto tra pari, colloqui individuali condotti in uno spazio riservato, permette di far emergere bisogni sommersi, prevenire situazioni di disagio, disinnescare dinamiche di esclusione e offrire risposte educative mirate.
L’ascolto diventa, così, un atto profondamente educativo e formativo, che insegna agli studenti a riconoscere le emozioni proprie e altrui, ad accettarle, a verbalizzarle senza paura, a trasformarle in ponti comunicativi. Il conflitto, se affrontato con maturità e guidato da una figura adulta capace di contenere e rielaborare, può diventare una straordinaria occasione di apprendimento collettivo, di crescita relazionale, di maturazione del gruppo classe. In questo senso, la scuola non è solo luogo di istruzione, ma anche uno spazio protetto in cui imparare a gestire la complessità dei rapporti umani con rispetto, autenticità e apertura.
Regole condivise e responsabilità diffusa
Una gestione efficace della classe si basa su un equilibrio tra regole chiare e coinvolgimento attivo degli studenti. Quando le regole sono calate dall’alto, rischiano di essere percepite come imposizioni estranee e di generare opposizione passiva o aperta contestazione. Se, invece, vengono costruite insieme, diventano espressione di un patto educativo condiviso che ha valore non solo normativo ma anche simbolico. La partecipazione alla definizione delle regole fa sentire gli studenti protagonisti, responsabilizza e stimola un senso autentico di appartenenza.
Il docente può guidare la classe nella stesura di una carta dei valori o di un patto di corresponsabilità, magari attraverso una discussione plenaria seguita da una votazione collettiva. In questo processo, le regole non sono semplici divieti, ma accordi su comportamenti desiderabili, formulati in modo positivo e orientati al benessere comune. Questo processo rafforza il senso di giustizia percepita e promuove la responsabilità individuale e collettiva. Quando ogni alunno riconosce il valore di una regola perché vi ha contribuito, la sua osservanza sarà più naturale e sentita.
Inoltre, assegnare ruoli all’interno della classe, come moderatore, portavoce, facilitatore del gruppo, gestore dei materiali o responsabile dell’accoglienza, aiuta a sviluppare competenze trasversali come la leadership, la cooperazione, la gestione del tempo e la comunicazione efficace. Ogni ruolo può essere rotante, permettendo a ciascuno di sperimentarsi in differenti compiti, riducendo dinamiche gerarchiche fisse e favorendo il riconoscimento reciproco.
Una classe che funziona è una piccola comunità democratica, in cui si apprende non solo ciò che è scritto nei libri, ma anche il valore della convivenza, del dialogo e della corresponsabilità. In questo microcosmo sociale, si coltivano le basi della cittadinanza attiva, dove le regole non sono gabbie ma strumenti per la libertà condivisa.
L’errore come occasione e non come colpa
Nella scuola tradizionale, l’errore è spesso vissuto come fallimento, come mancanza da correggere. Questo approccio genera timore, inibizione, ansia da prestazione, impedendo agli studenti di esporsi con spontaneità. Un approccio orientato al benessere scolastico invita, invece, a cambiare radicalmente prospettiva: l’errore è parte integrante del processo di apprendimento e rappresenta un segnale prezioso da accogliere e rielaborare. Accogliere gli errori con uno sguardo pedagogico significa aiutare lo studente a leggere criticamente i propri percorsi cognitivi, a riflettere su ciò che ha funzionato, su ciò che si può migliorare e sul significato profondo delle difficoltà incontrate.
Alcuni insegnanti propongono esercizi di autocorrezione condivisa in cui, dopo una verifica, la classe si riunisce in piccoli gruppi per analizzare collettivamente le risposte, riconoscere gli errori e ipotizzare strategie alternative. Altri istituiscono laboratori di revisione settimanali in cui l’errore diventa materiale su cui lavorare in modo cooperativo, oppure utilizzano rubriche di valutazione partecipata che coinvolgono gli studenti nella definizione dei criteri di qualità del compito svolto. Questi strumenti promuovono la metacognizione, rafforzano la consapevolezza del processo di apprendimento e sviluppano la capacità di imparare a imparare.
Lo studente che non teme l’errore si espone di più, partecipa con maggiore convinzione, acquisisce fiducia nelle proprie risorse interiori. L’errore diventa allora un alleato, non un nemico, un momento chiave nella costruzione dell’autoefficacia. In questa visione, il docente non è giudice ma facilitatore di crescita, capace di trasformare la valutazione in un’occasione di dialogo e riflessione, anziché in uno strumento punitivo. Solo in un ambiente in cui l’errore è vissuto senza vergogna lo studente può sbocciare nella propria autenticità.
Il benessere si costruisce anche fuori dai banchi
Una scuola che promuove il benessere relazionale non può limitarsi allo spazio dell’aula e alla rigidità dell’orario, perché le competenze relazionali e socio-emotive si sviluppano spesso in ambienti dinamici, dove gli studenti possono sperimentarsi liberamente e mettersi alla prova fuori dai consueti ruoli scolastici. Le attività laboratoriali, i progetti interdisciplinari, le esperienze all’aperto e le uscite didattiche rappresentano occasioni preziose per rafforzare la coesione del gruppo, stimolare la partecipazione attiva e valorizzare intelligenze differenti, come suggerito da Howard Gardner nella teoria delle intelligenze multiple.
Iniziative come un laboratorio teatrale, un orto scolastico condiviso, una redazione di classe o un progetto di peer education non solo stimolano la creatività e la collaborazione, ma offrono agli studenti un contesto in cui apprendere attraverso l’esperienza, la responsabilità e il confronto. In particolare, il teatro permette di esplorare le emozioni, mettersi nei panni dell’altro e sviluppare capacità espressive e cooperative. Un orto condiviso, invece, insegna il rispetto per i tempi della natura, la cura, la pazienza e la collaborazione concreta. Un progetto di giornalismo scolastico stimola il pensiero critico, la capacità di sintesi e il lavoro di gruppo su obiettivi comuni. Il peer tutoring, infine, sviluppa l’empatia e l’autoefficacia, trasformando lo studente in risorsa per l’altro.
In questi contesti, spesso emergono competenze che non trovano spazio nella lezione tradizionale quali la leadership positiva, la solidarietà, l’empatia, l’adattabilità, la resilienza. Competenze che non solo arricchiscono il clima relazionale della classe, ma preparano gli studenti alla vita adulta, favorendo una cittadinanza consapevole e responsabile. La scuola diventa, così, un luogo vivo, in cui si impara anche facendo, vivendo, cooperando, in una dimensione in cui il sapere si intreccia con l’essere e il crescere insieme agli altri.
Benessere psicologico e cura della persona
Il periodo dell’adolescenza è caratterizzato da cambiamenti profondi che coinvolgono corpo, mente e identità. In questa fase, la scuola ha il dovere di essere non solo luogo di istruzione ma anche di cura. L’adolescente attraversa una fase di rinegoziazione del sé, spesso accompagnata da fragilità emotive, insicurezze e bisogno di riconoscimento. Un clima sereno, l’assenza di giudizio, la presenza di adulti significativi, possono rappresentare un argine importante contro il disagio psicologico e comportamentale.
Oggi molte scuole attivano sportelli di ascolto psicologico, percorsi di educazione socio-affettiva o gruppi di parola, in cui ragazzi e ragazze possano esprimere le proprie emozioni, riflettere sul proprio vissuto, imparare a nominare il disagio e ad affrontarlo in modo non distruttivo. Sono esperienze che restituiscono centralità alla persona e costruiscono alleanze educative tra scuola, famiglia e comunità. Anche piccoli gesti quotidiani, come una pausa rigenerante, un’ora dedicata al dialogo aperto o un laboratorio sulla gestione dello stress e delle emozioni, possono contribuire a creare un ambiente favorevole e a rinforzare la resilienza.
Alcuni istituti sperimentano anche la presenza di tutor tra pari o di mediatori culturali ed emotivi, figure ibride che svolgono un ruolo ponte tra adulti e adolescenti. L’introduzione di pratiche come la mindfulness, il diario emotivo, il circle time o i progetti teatrali autobiografici può aiutare gli studenti a sviluppare una maggiore consapevolezza di sé e una più solida intelligenza emotiva.
Il benessere psicologico non è un lusso, ma una condizione essenziale per l’apprendimento. Le neuroscienze confermano che un cervello stressato apprende meno, uno studente sereno è più ricettivo, più motivato, più incline alla collaborazione e alla costruzione di legami significativi. Un docente che cura il clima di classe, che sa essere presenza accogliente e guida stabile, è un educatore che lascia il segno nelle vite degli studenti e contribuisce a costruire una scuola realmente inclusiva e trasformativa.
Materiali e testi per approfondire il tema
Per accompagnare la riflessione pedagogica con strumenti concreti, esistono numerosi manuali e risorse didattiche che offrono strategie, attività e cornici teoriche utili alla gestione della classe e alla promozione del benessere scolastico. Tra i testi consigliati si possono citare “L’intelligenza emotiva a scuola” di Ulisse Mariani e Rosanna Schiralli edito da Erikson che fornisce chiavi di lettura sul ruolo delle emozioni nell’apprendimento, ed ” Educare con la comunicazione nonviolenta ” di Marshall Rosenberg, ispirata alla Comunicazione Nonviolenta. Anche i testi di Luigi D’Alonzo, propongono attività pratiche e strumenti per l’insegnamento metacognitivo e relazionale. Le guide del Movimento delle Avanguardie Educative di INDIRE, inoltre, offrono spunti per progettare ambienti inclusivi e stimolanti, mentre le pubblicazioni di neuroeducazione, come quelle di Stanislas Dehaene, aiutano a comprendere i processi cognitivi che supportano la relazione tra emozione e apprendimento. Questi materiali possono essere integrati nella pratica quotidiana, arricchendo il repertorio professionale dei docenti e orientando la scuola verso un modello educativo più umano e consapevole.
Conclusione: verso una scuola della relazione
Gestire la classe significa riconoscere che ogni studente è portatore di bisogni unici, emozioni mutevoli e linguaggi personali. È un atto pedagogico che richiede sensibilità, attenzione e la capacità di sintonizzarsi con ciò che accade nel gruppo classe, ma anche nei silenzi e nelle pieghe invisibili della quotidianità. Significa saper leggere i segnali impliciti, accogliere le fragilità senza giudizio, e creare le condizioni affinché ciascuno possa esprimersi nella propria autenticità.
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