Gentiliani d’Italia/2

L’incapacità della cultura italiana a pensare che si può e si deve far ottima cultura educativa, critica e innovativa anche e soprattutto ragionando sulla complessità delle azioni dei processi sociali produttivi invece che passando 34-38 ore tra i banchi di un liceo ad ascoltare lezioni disciplinari preconfezionate e poco meno a studiare libri da ripetere nelle interrogazioni o a fare ‘compiti a casa’, è ormai strutturale da 80 anni.
Questo potrebbe spiegare perché l’Italia ha perduto la vocazione produttiva che si era data nel dopoguerra, ed è uscita da molti settori chiave e si è indebolita in tutti e perché il vero dibattito cruciale per lo sviluppo del paese, ovvero quello sulla qualità educativa e culturale del sistema dell’istruzione e formazione professionale dai 14 ai 23 anni previsto dalla legge 53/03 sia confinato in pochi cenacoli di nessun peso culturale, politico e sindacale.
Ma si pensa davvero di recuperare i divari competitivi – vedi ad esempio nelle esportazioni di prodotti ad alto contenuto tecnologico – potenziando il liceo classico o riducendo l’istruzione e formazione professionale a indirizzi dei licei tecnologici ed economici, come peraltro ha chiesto e ottenuto dal governo anche la parte gentiliana di Confindustria?