Genitori a scuola: incentivarne la partecipazione per prevenire la violenza. Come fare?

Dopo decenni di dibattiti inconcludenti su come incentivare la partecipazione dei genitori a scuola, la svolta, perché no, potrebbe venire proprio dalla politica dei piccoli aggiustamenti del ministro dell’Istruzione, Marco Bussetti. Una partecipazione ovviamente intesa come elemento primario di prevenzione contro bullismo, danneggiamenti e quant’altro di peggio si verifica nelle aule scolastiche e dintorni. Poiché, come è noto, un cittadino si allontana dal sentire comune quando si trova nell’incapacità di difendere i diritti propri o dei propri cari, cosa può esserci di meglio del rendere i genitori realmente partecipi del futuro della scuola dei propri figli? Non propinando loro i soliti discorsi generici sul bene della scuola o un farraginoso patto di corresponsabilità da firmare, ma offrendo la possibilità di essere concretamente presenti, in modo informato e consapevole, laddove si costruisce la qualità dell’offerta formativa. Allora non ci sarà bisogno di costituire il Ministero parte civile contro i genitori violenti, perché quelle stesse energie verranno convogliate preventivamente verso finalità costruttive. Ne abbiamo parlato nel numero di ottobre di Tuttoscuola in un articolo di Rita Manzani Di Goro, Presidente Associazione Genitori A.Ge. Toscana.

I genitori coinvolti si appassionano, lo sappiamo per esperienza diretta: danno il meglio di sé, attingono alle proprie risorse umane e professionali, aprono a opportunità altrimenti non raggiungibili per il singolo istituto scolastico. E sanno anche essere rispettosi dei ruoli e delle normative, se appena qualcuno si preoccupa di informarli in modo corretto e trasparente.

Eppure gli Organi collegiali non funzionano, o almeno così ci dicono. Curioso che in oltre quarant’anni dai Decreti delegati del 1974, nessuno se ne sia mai chiesto il perché. Invero, almeno una ricerca approfondita esiste: “Il Consiglio d’Istituto, come (non) funziona”; l’autrice è la dottoressa Sara Ruffo di Verbania, laureata in Scienze cognitive e processi decisionali presso l’Università di Milano. Per sua gentile concessione, il testo di questa accurata ricerca è scaricabile gratuitamente dalla sezione consulenza del nostro sito Agetoscana.it.

Il punto, dicevamo, è la formazione, ma non una formazione qualsiasi, che illustri la struttura della scuola o le ultime riforme, bensì qualcosa di vivo, concreto, che faccia presa sulla vita reale delle persone e sui loro bisogni. Il peccato non veniale del mondo della scuola, allorché si pone il nobile proposito di formare i genitori, è proprio quello di non saper resistere alla tentazione di indottrinarli. Abbiamo sentito con le nostre orecchie dotte disquisizioni normative somministrate da volonterosi dirigenti scolastici e da solerti ispettori ministeriali a un pubblico ammutolito; siamo rimasti esterrefatti nell’assistere a ramanzine circa le malefatte dei genitori impartite proprio a quei pochi, diligentissimi, presenti.

Una stortura della Legge 107/2015 che il ministro Bussetti potrebbe raddrizzare sarebbe proprio questa: far sì che venga attuato il Decreto ministeriale 851/2017, che, nello stabilire i criteri per la ripartizione dei fondi, parla esplicitamente di un milione di euro “destinati all’attuazione di un piano nazionale su base regionale per la promozione della partecipazione delle studentesse e degli studenti e dei genitori nell’ambito delle attività dei Forum regionali delle Associazioni dei genitori e degli studenti” (di cui 650mila per le attività a livello regionale e 350mila per le azioni di supporto, sviluppo e coordinamento nazionale). Alcuni Uffici scolastici regionali non hanno ancora provveduto a nominare la scuola polo regionale, altri, ad esempio il Piemonte, hanno emesso un bando secondo cui “la scuola polo regionale dovrà presentare un progetto che preveda la realizzazione di una rete di scuole di ogni ordine e grado che copra quanto possibile il territorio regionale e che coinvolga il Forum delle Associazioni dei Genitori (FoRAGS) ed il Forum delle Associazioni Studentesche maggiormente rappresentative sulla regione”.

La differenza è forse poco evidente, ma in termini sostanziali è abissale. Il genitore indottrinato non è partecipe e non sarà mai una risorsa viva cui attingere a piene mani. Il soggetto destinatario delle risorse diventano le scuole e abbiamo già visto come sogliono operare in materia di formazione dei genitori. Capita così che i genitori più volenterosi (o forse solo esasperati da alcune situazioni limite) si documentino da soli setacciando internet, approdando sul nostro sito anche da regioni lontane, chiedendoci aiuto e consulenza. Non sono poi così infrequenti le scuole in cui un manipolo di genitori ferratissimi in normativa scolastica si contrappone ai voleri di un dirigente scolastico che vuole cambiare l’orario delle lezioni ad anno avviato, oppure usare decine di migliaia di euro del contributo dei genitori per ammodernare sale di rappresentanza e uffici, anziché sostenere l’offerta formativa. Gli altri componenti del Consiglio d’istituto (studenti, docenti e ATA) trovano nel Dirigente un superiore gerarchico e un capo d’Istituto, così nelle situazioni più estreme lasciano volentieri esporre i genitori.

C’è poi la questione del recupero di un buon rapporto scuola-famiglia, ormai da tempo deteriorato. Abbiamo approfondito questo punto nel numero di ottobre di Tuttoscuola.

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