Gelmini & meritocrazia/2. La maggiore severità nella scuola premia il merito?

L’aumento delle bocciature è un indicatore di (maggiore) qualità della scuola o è una prova del suo fallimento?

Il centrodestra e il centrosinistra, con eccezioni in entrambi gli schieramenti, si sono schierati sui due fronti opposti: il centrodestra, con alla testa lo stesso ministro Gelmini (ma con riserve, per esempio, della sua collega ministro Meloni, emerse anche nell’intervista recentemente rilasciata a Tuttoscuola), ha plaudito al ritorno di una maggiore selettività del sistema, mentre la sinistra, per voce dell’ex viceministro Mariangela Bastico, ha considerato le bocciature, ogni bocciatura, come la testimonianza dell’incapacità dell’attuale modello di scuola di trovare soluzioni positive alle difficoltà delle fasce più deboli della popolazione scolastica.

In base ai dati finora disponibili, i non ammessi agli esami di stato sono stati circa 29 mila, quasi il 30% in più dell’anno scorso, mentre la media dei voti si è abbassata e i 100 sono stati il 10% in meno. Risultato delle nuove regole, dalla ammissione con la media minima del sei alla valorizzazione del curricolo, cioè del credito scolastico, portato da 20 a 25 punti a scapito dell’orale, e anche della non ammissione derivante dal 5 in condotta: provvedimenti peraltro in buona parte voluti dal precedente governo di centrosinistra.

Anche l’aumento delle bocciature nella scuola secondaria di primo e secondo grado suscita commenti di segno opposto, ma anch’esso è in parte frutto di scelte fatte dagli ultimi due governi, non solo dall’ultimo. Il fatto è che la serietà (necessaria) e la selettività (una sciagura se provoca drop-out) sono questioni che dovrebbero essere affrontate da tutti al di fuori delle polemiche politiche contingenti.