Formazione tecnica superiore. Gli IFTS possono diventare un’alternativa all’università?

E’ da molto tempo (dall’inizio degli anni settanta dello scorso secolo) che si cerca in Europa e in Italia di varare un sistema di formazione tecnica superiore applicata alternativo rispetto ai percorsi universitari. Ma mentre la Gran Bretagna varava i Politechnics, la Germania le Fachochschulen, la Francia le STS (Sezioni Tecniche Superiori), l’Italia vedeva arenarsi nel giro di un anno il suo tentativo di varare analoghi percorsi in via sperimentale in alcuni istituti tecnici d’eccellenza, tra i quali gli ITIS Malignani di Udine e Molinari di Milano. Fu la Corte dei Conti a bloccare l’iniziativa con una motivazione tipicamente burocratica: l’incompetenza del MPI a finanziare corsi postsecondari.
L’idea fu poi ripresa dalla Commissione Brocca (1988-1994), che non andò al di là della sua teorizzazione. Anche l’università, per iniziativa del ministro Ruberti, provò ad istituire al proprio interno i Diplomi universitari triennali, che andarono incontro a un rapido fallimento perché le università si dimostrarono incapaci di gestire percorsi di formazione superiore applicata, troppo distanti dalle loro tradizioni accademiche.
Tra la fine degli anni novanta e l’inizio del nuovo secolo l’idea è stata ripresa con l’istituzione dei corsi IFTS, promossi in partnership, non senza difficoltà progettuali e gestionali, da diversi soggetti istituzionali e sociali (Ministeri dalla PI, dell’Università e del Lavoro, Regioni, Parti sociali). Questi corsi hanno coinvolto alcune decine di migliaia di giovani, con risultati in qualche caso brillanti, ma non si sono trasformati, almeno finora, in un vero e proprio sistema, alternativo a quello universitario, paragonabile a quelli di cui dispongono altri Paesi. Una prospettiva che potrebbe forse prendere corpo nel quadro della riorganizzazione dell’intera filiera tecnico-professionale prefigurata nella legge n. 40/2007 (Bersani ter). Ma questa è una storia ancora tutta da scrivere.