Elezioni 2018: la scuola sparita, e ora?

Elezioni 2018/1

Per chi si occupa di scuola il 4 marzo resterà una data da ricordare, oltre che per la splendida canzone di Lucio Dalla, anche come la giornata elettorale nella quale – tra tutte quelle succedutesi nella storia della Repubblica – la politica scolastica ha raggiunto il più basso livello di attenzione e considerazione da parte delle forze politiche in campo.

Intendiamo attenzione vera e considerazione sostanziale, perché qualche cenno qua e là si trova nei diversi programmi, soprattutto sul destino della Buona Scuola: da rafforzare e migliorare per il PD, da emendare per il Centro-destra (ma in realtà il leader leghista Salvini nell’escalation delle ultime ore ha dichiarato che “l’abolizione di questa oscena riforma sarà una priorità per il mio governo”), da cancellare integralmente per Liberi e Uguali, da cancellare (o modificare in punti sostanziali, con un’alternanza di posizioni che vedremo meglio nella notizia successiva) per il Movimento 5 Stelle: operazione che comunque non fa parte delle cinque priorità che sono state indicate da Luigi Di Maio nel suo intervento a Porta a Porta del 2 marzo.

Ma in nessuno dei programmi presentati dai partiti per queste elezioni la questione educativa ha un peso specifico davvero importante, forse perché l’affanno di una campagna elettorale breve e concitata, dominata dalle tematiche dell’immigrazione, delle nuove e vecchie povertà, della violenza criminale e politica – col ritorno di fiamma di antiche dialettiche tra frange di estrema destra fascio-nazista e centri sociali – ha posto l’accento sull’attualità, sulle emergenze, sugli interventi di breve periodo, mettendo in ombra materie, come quelle educative, che richiedono strategie non congiunturali che si collocano di necessità in una dimensione temporale di medio-lungo periodo.

La scuola insomma, intesa come grande questione nazionale e investimento sul futuro, è sparita dai programmi e dal dibattito, che si è acceso tutt’al più sul destino (e a caccia del voto) degli insegnanti, quasi tutti meridionali, spediti al Nord perché lì c’è un maggior numero di posti, ma attraverso l’utilizzo di un improvvido algoritmo.