Educazione e teorie gender a scuola, in Trentino battaglia con le famiglie

Il tema è sicuramente incandescente, come tutto ciò che riguarda i diritti civili e le libertà individuali, intese da una doppia prospettiva: da un lato le attività contro l’omofobia organizzate dalle scuole, dall’altro il diritto di genitori e famiglie a far partecipare o meno i ragazzi a queste attività.

Il laboratorio è il Trentino Alto Adige, dove si è appena conclusa la battaglia fra i sostenitori dell’uno e dell’altro campo. Con una decisione destinata a divenire un precedente, la provincia di Trento ha approvato una norma storica: per far partecipare gli alunni alle attività contro l’omofobia organizzate dalle scuole non solo bisognerà informare prima i genitori, ma chi vorrà tenere a casa i figli non dovrà firmare per i ragazzi alcuna giustificazione.

Un passo indietro è necessario. Tutto inizia con uno spettacolo proposto alle scuole contro l’omofobia, Fa’afafine, in cui il protagonista non si sente né maschio ne femmina. Secondo i detrattori, uno spettacolo da boicottare perché considerato pericoloso, capace di diffondere un’ideologia omosessualista e propagandare in ogni caso l’ipersessualizzazione dell’infanzia. In definitiva un’operazione pro gender. Secondo i sostenitori invece, uno spettacolo importante che ha ottenuto il patrocinio ufficiale di Amnesty International – Italia “per aver affrontato in modo significativo un tema particolarmente difficile a causa di pregiudizi ed ignoranza, rappresentando con dolcezza il dramma vissuto oggi da molti giovani”.

Alla fine, anche grazie ai 1500 emendamenti presentati dal consigliere di Civica TrentinaRodolfo Borga, la giunta di centro sinistra della Provincia di Trento – approvando la delibera 438/2017 – ha fatto marcia indietro rispetto ai propositi iniziali riconoscendo il diritto delle famiglie a essere informate dei progetti educativi e a poter rinunciare alla presenza dei figli a tali attività organizzate in ambito scolastico senza fornire giustificazioni.

Non abbastanza secondo l’associazione “Non si tocca la Famiglia, che pur applaudendo a una decisione che in definitiva riconosce il primato educativo della famiglia su questi temi, chiede un ulteriore passo avanti: secondo il presidente dell’associazione Giusy d’Amico, “l’obiettivo da raggiungere rimane quello non di tenere i figli a casa a fronte di iniziative non condivise, ma di chiedere alla scuola di proporre attività alternative nel pieno rispetto del diritto allo studio di ogni alunno”.”Non si tocca la Famiglia” rilancia passando la palla al MIUR, che comunque dovrebbe allineare tutta la nazione su questa decisione della giunta di Trento.