‘Educare alle relazioni’/1: interrogativi in attesa del progetto

Moduli di 30 ore in cui gruppi di ragazzi, secondo la modalità del focus group, potranno confrontarsi con esperti moderati da un docente precedentemente formato. In questo consiste, in sintesi, il progetto “Educare alle Relazioni” con cui il Ministero dell’Istruzione e del merito intende iniziare a lavorare tra i banchi di scuola per contrastare la violenza sulle donne. Coinvolti l’Ordine degli Psicologi e l’Indire, che dovrà occuparsi della formazione degli insegnanti. Si parte in via sperimentale già da quest’anno scolastico, ma in orario extracurricolare e su base volontaria. Il primo passo, finanziato con 15 milioni di euro dei fondi PON, per cambiare una cultura, a detta del ministro Valditara, “maschilista e machista” è stato presentato in una conferenza stampa molto animata lo scorso 22 novembre. Conferenza che ha lasciato spazio ad alcuni interrogativi.

Un interrogativo su tutti ha riguardato la partecipazione del Prof. Alessandro Amadori, docente di Marketing politico dell’Università Cattolica, al progetto. La polemica ormai rimbalza da giorni sulle principali testate ed è stata oggetto di diverse domande anche nel corso di quella conferenza. Diversi i giornalisti che, in quell’occasione, hanno chiesto al ministro se avesse intenzione di fare un passo indietro rispetto alla scelta di far partecipare Amadori – nell’occhio del ciclone per le affermazioni sulle donne contenute nel libro “La Guerra dei sessi”.

Decisa la risposta del Ministro: “Ho passato la notte scorsa a leggere il libro di Amadori, le sue affermazioni sono state decontestualizzate e non capite. Nessun passo indietro da parte mia”.

Il ministro ha anche precisato il motivo di questa affermazione: “Amadori non è il coordinatore del progetto Educazione alle relazioni, è un consulente sulla comunicazione”. In particolare l’oggetto dell’incarico conferito dal Ministro – che rientra tra quelli a tempo determinato ad esperti o consulenti di alta professionalità o specializzazione ai sensi dell’articolo 9, comma 4 del Dpcm 167/2020 – riguarda la “promozione di progetti di miglioramento dei processi di apprendimento individuale e collettivo del sistema scolastico, di progetti di partenariato, collaborazione e cooperazione internazionale in ambito formativo ed educativo, con particolare riferimento ai Paesi dell’Africa e relativi sistemi scolastici nazionali”. Progetti, a quanto si deduce dalla dichiarazione di Valditara, declinati soprattutto sul versante della comunicazione.

Stando così le cose, ha ragione il ministro di non voler cambiare, perché il passo indietro lo ha già fatto prima, modificando l’impiego del politologo a cui due mesi fa sembrava avere affidato proprio l’incarico di coordinatore del progetto.

Lo scorso settembre, infatti, in chiusura del meeting “Educare alle differenze”, l’omonima rete promotrice dell’evento aveva diffuso un comunicato (ancora online e mai smentito) in cui si leggeva: “A Montecitorio il ministro Valditara annuncia un decalogo contro le molestie nelle scuole. Si pregia di aver affidato il progetto ad Alessandro Amadori, autore con lo stesso ministro del manifesto della Lega per governare il paese”.

All’epoca il progetto “Educare alle relazioni” era solo un’idea nata sull’onda di indignazione per gli stupri di Caivano e Palermo. Idea che, secondo quel comunicato, era stata messa in mano ad Amadori, come riportato alcuni giorni dopo anche dal Fatto quotidiano che lo riferiva coordinatore del progetto.

E veniamo quindi al secondo interrogativo: dov’è il progetto “Educare alle relazioni”?

Nel corso della conferenza stampa il ministro Valditara, anche quando Tuttoscuola ha chiesto come mai per un’iniziativa tanto importante si sia decisa una partecipazione delle scuole solo su base volontaria, ha più volte sottolineato che il piano partirà in via sperimentale quest’anno per diventare obbligatorio l’anno prossimo se gli esiti saranno positivi.

Se la partenza è prevista per quest’anno scolastico, dunque, è facile immaginare che si parli di gennaio, massimo febbraio 2024. Tra uno o due mesi al massimo, insomma. Due mesi in cui le scuole dovranno decidere se partecipare o meno, coinvolgere gli studenti, nominare i docenti coordinatori e quelli moderatori e far fare a questi ultimi la formazione necessaria. Se davvero si vuole partire, lo si deve fare ora. Se non fosse che il progetto, le sue linee guida, le finalità, le associazioni coinvolte e i nomi delle persone che ci lavorano a oggi sono introvabili. Non c’è nulla online, non esiste niente sul sito del MIM e le scuole non hanno ancora ricevuto alcuna nota.

E a seguito della conferenza stampa del 22 novembre scorso, non è stato diffuso nemmeno il consueto comunicato stampa del Ministero che descrive il progetto presentato.

Ora il Ministero avrà poco tempo per dimostrare che “Educare alle relazioni” è un’iniziativa seria, peraltro – come si deduce dalla notizia successiva – basata su un preciso retroterra giuridico, ma ce la può fare. Per prima cosa diffondendo al più presto il progetto.

© RIPRODUZIONE RISERVATA