Ecco perché il momento di valorizzare l’istruzione tecnica e dell’istruzione e formazione professionale

Di Teresa Madeo

Se è vero che, come diceva Don Bosco, “i ragazzi hanno l’intelligenza nelle mani”, credo che sia proprio il momento di rilanciare e riqualificare questo motto grazie alla valorizzazione dell’istruzione tecnica e dell’istruzione e formazione professionale.

Il nostro è un Paese manifatturiero, che ha un forte bisogno di figure professionali formate in stretto contatto con le imprese e con le vocazioni dei territori. Per questo l’istruzione professionale, con la sua filiera, non è solo un volano di opportunità per il futuro dei nostri giovani ma anche fattore di competitività per tutto il sistema Italia, essendo gli istituti tecnici e quelli professionali di competenza statale, e l’istruzione e la formazione professionale di competenza regionale.

Questi percorsi sono stati recentemente riordinati e siamo consapevoli che da parte dell’opinione pubblica non sempre vi è una opportuna conoscenza di questi indirizzi, anche se vanno comunque ricordate tutte le iniziative che i singoli istituti superiori attivano per far conoscere agli alunni della scuola secondaria di primo grado il piano della loro offerta formativa, in altri termini le finalità e gli obiettivi che si propongono e i corsi che attivano.

Per l’alunno che vorrà scegliere questo tipo di formazione indubbiamente non sarà cosa facile: c’è il peso di una tradizione per certi versi tutta italiana che vuole che gli studi liceali siano i più difficili, ma aprano prospettive di lavoro di un certo livello, le cosiddette professioni liberali, sancite dalle lauree universitarie, e che gli altri percorsi siano meno impegnativi e aprano le porte a un mondo del lavoro altrettanto meno impegnativo.

Oggi non è più così! Non è un caso che gli operai della Fiat di Pomigliano indossano tute diverse delle tute di un tempo: ma oggi non c’è più un lavoro, che sia soltanto manuale! Tutte le criticità dell’oggi, dalle difficoltà che certe aziende incontrano, le scelte che le famiglie devono operare si fanno veramente più difficili, le offerte di lavoro avanzate dalle aziende in ordine a mansioni molto particolari non hanno alcuna corrispondenza con la domanda. I giovani dunque ignorano volutamente questa offerta o non hanno conseguito nei loro percorsi di studio quelle specifiche competenze richieste.

 Da qui l’assoluta necessità di un riordino della nostra istruzione secondaria, soprattutto tecnica e professionale!

C’è necessità di procedere a un riordino complessivo dell’intero sistema di istruzione secondaria, riconfigurandone quei profili culturali e professionali che con il tempo sono andati perduti, in cui all’istruzione tecnica e a quella professionale spetta il compito di fare acquisire competenze direttamente spendibili nel mondo del lavoro, ma necessarie anche per il proseguimento di studi ulteriori. Ricordiamoci che lo sviluppo che si è avuto negli ultimi decenni del secolo scorso nel nostro Paese ha potuto godere della grossa risorsa di quadri tecnici intermedi formati proprio da quegli istituti tecnici e professionali a cui per altri versi si è sempre guardato, almeno da certe parti della opinione pubblica, con molta sufficienza. Nell’ultimo decennio le cose sono molto cambiate, anche e soprattutto per quel fenomeno della globalizzazione: da un lato la delocalizzazione di alcune aziende, dall’altro l’aumento di prodotti stranieri a buon mercato hanno comportato l’avvio di una profonda crisi del nostro sistema produttivo manifatturiero e questo, per quanto riguarda l’istruzione, ha anche comportato una certa ricaduta delle filiere tecniche e professionali. In parallelo certe figure professionali, idonee per il mercato occupazionale della fine del secolo scorso, sono venute via via a mancare.

Per quanto riguarda lo specifico dell’istruzione tecnica e professionale bisognerebbe pensare a risposte immediate e certe, a quelle figure professionali nuove e diverse che l’evoluzione delle tecnologie e dei processi lavorativi viene via via imponendo, dando concrete conoscenze, abilità e competenze attorno a profili professionali aperti e flessibili, onde evitare quelle canalizzazioni precoci che la costante mobilità dell’offerta avanzata dal mondo del lavoro oggi, e tanto più domani, non sarebbe più in grado di assorbire. In effetti, il mercato del lavoro, in forza della costante evoluzione e moltiplicazione delle applicazioni tecnologiche, dei processi lavorativi e degli stessi prodotti, richiede profili professionali non rigidi, in grado di curvarsi rapidamente alle necessità che a volte con estrema rapidità investono le singole aziende.

È anche opportuno che sia chiara la distinzione che corre tra istruzione tecnica e istruzione professionale, considerando gli Istituti Tecnici e Professionali come scuola dell’innovazione in cui tra l’altro si indicano con estrema chiarezza le differenze che corrono tra la filiera tecnica e quella professionale.

Occorre ricordare che l ’istruzione tecnica è finalizzata a garantire l’approfondimento della cultura scientifica e delle basi di riferimento teoriche delle tecnologie, fornendo allo studente le capacità necessarie per comprendere criticamente le problematiche scientifiche e storico-sociali collegate alla tecnologia e alle sue espressioni contemporanee (nel segno dell’high-tech), favorendo l’acquisizione di una perizia applicativa e pratica, assicurando lo sviluppo della creatività e della inventiva progettuale. Tale approccio, oltre a facilitare l’ingresso nel mondo del lavoro, deve consentire la possibilità di accedere anche alla formazione terziaria successiva, così da rendere possibile un cammino di studi orientato soprattutto verso lauree di tipo scientifico e tecnico.

L’istruzione professionale invece è finalizzata a garantire, nell’ambito di aree produttive sufficientemente ampie, capacità operative di progettazione e realizzazione di soluzioni utili per la gestione di processi, impianti e/o servizi. Tali capacità, pur orientate all’espressione di competenze di tipo tecnico-relazionale (nel segno dell’high-touch), vanno inquadrate in una adeguata conoscenza dei fondamenti scientifici e tecnologici. I caratteri distintivi della formazione devono essere la capacità di personalizzare gli usi delle tecnologie in un contesto con assetti organizzativi e strumenti tecnologici specifici.

Gli istituti tecnici hanno durata quinquennale e offrono ai giovani conoscenze teoriche e applicative spendibili in ampi contesti di studio, professionali e di lavoro, nonché una gamma di abilità cognitive necessarie a risolvere problemi, a sapersi gestire autonomamente in ambiti caratterizzati da innovazioni continue, assumendo progressivamente anche responsabilità per la valutazione e il miglioramento dei risultati ottenuti. Questi istituti forniscono agli studenti i saperi e le competenze necessari per inserirsi direttamente nel mondo del lavoro, nonché per accedere a percorsi di livello terziario, nazionale e/o regionale, universitari, nonché agli Istituti Tecnici Superiori ed all’Istruzione e Formazione Tecnica Superiore. I percorsi degli istituti tecnici sono articolati in un’area di istruzione generale comune a tutti e in ampie aree di indirizzo, riferite ad ambiti tecnologici, ai processi produttivi e ai servizi del terziario avanzato, nonché riferite ai successivi percorsi di studio e di lavoro per l’accesso alle professioni intellettuali.

Gli istituti professionali hanno anch’essi durata quinquennale e forniscono ai giovani la formazione generale, tecnica e professionale riferita alla cultura e alle attività lavorative, una serie di abilità cognitive finalizzate al problem solving sia per sapersi gestire autonomamente in ambiti caratterizzati dalla personalizzazione del prodotto e del servizio, sia per assumersi responsabilità nel monitoraggio, nella valutazione e nel miglioramento dei risultati di lavoro. I percorsi degli istituti professionali consentono in particolare ai giovani di acquisire saperi e competenze per inserirsi direttamente nel mondo del lavoro, per proseguire gli studi nel sistema dell’istruzione e formazione tecnica superiore e all’università, per accedere alle professioni, a partire dai settori già presenti negli ordinamenti degli istituti professionali. I percorsi degli istituti professionali sono articolati in un’area di istruzione generale comune a tutti e in ampie aree di indirizzo sin dal primo anno.

Nei primi due anni dell’istruzione secondaria di secondo grado si conclude l’obbligo di istruzione decennale e vengono certificate le competenze raggiunte dallo studente in ordine a quattro assi culturali pluridisciplinari dei linguaggi, matematico, scientifico-tecnologico, storico-sociale. È sicuramente da mettere in luce il fatto che le attività di insegnamento-apprendimento saranno improntate soprattutto sulla didattica cosiddetta laboratoriale: di fatto gli insegnanti dovranno sollecitare e sviluppare lo spirito di ricerca individuale e di gruppo, in modo da responsabilizzare lo studente ad essere artefice del suo personale apprendimento, obiettivo che in genere si verifica raramente con il tradizionale metodo della lezione frontale. Questo dettaglio ci dovrebbe far riflettere sul fatto che un reale cambiamento non si realizza riordinando soltanto l’assetto organizzativo, ma stimolando anche un progressivo rinnovamento della didattica.

Con la revisione l’istruzione tecnica e quella professionale si avrebbe un decisivo passo in avanti verso le esigenze dei giovani, in primis quella di poter godere pienamente del diritto all’istruzione, all’educazione e alla formazione oltre che quella di poter raggiungere una preparazione tale che consenta loro un inserimento fluido e flessibile nel mondo del lavoro.

Va infine considerato che le difficoltà oggi esistenti in materia di accesso al lavoro non possono non avere un carattere contingente, per cui non possono e non devono assolutamente influire sulle scelte che studenti e famiglie oggi sono tenuti a operare. Cinque anni di studio sono tanti e tutti noi auspichiamo che la crisi produttiva e occupazionale in cui molti Paesi dell’Unione europea oggi versano debba nel frattempo essere superata. Sarebbe un grave errore, in forza del fatto che oggi il mondo del lavoro presenta tutte le difficoltà che conosciamo, trascurare l’esigenza di essere pronti a fronteggiare le situazioni nuove che si presenteranno alla prossima ripresa.

In effetti, le professionalità acquisite nel frattempo costituiranno un patrimonio da far valere con forza!

Un trend negativo non si arresterà se non si deciderà di investire e di rendere attrattivo questo settore della formazione, dando qualità e stabilità.

Bisogna rilanciare l’istruzione professionale statale e la formazione professionale a partire dai modelli che abbiamo già sperimentato con successo in Lombardia e in Veneto, percorrendo queste direttrici di intervento:

– la realizzazione di un efficace sistema fondato su PCTO e sull’apprendistato, che preveda periodi di formazione anche in contesti internazionali;
– la creazione di una crescente intersezione tra i due sistemi di formazione professionale, quello statale e quello regionale, rendendo reale la possibilità di passare da un sistema all’altro e di conseguire, dunque, qualifica e diploma per poi accedere all’istruzione terziaria;
– l’ampliamento dell’offerta formativa nella formazione terziaria, ossia in quella filiera di formazione alternativa e parallela all’università, composta da IFTS e ITS (Istituti Tecnici Superiori), con livelli occupazionali pari all’85%, con punte al 93%. Vogliamo rendere questi Istituti delle scuole di alta tecnologia e di ricerca applicata secondo l’esempio delle migliori esperienze europee.

Conoscere, per scegliere ed agire consapevolmente nel mondo, con la testa, il cuore e “l’intelligenza delle mani”… è auspicabile!

*Professoressa IIS Cellini Fi, Docente Utilizzata su Progetti Nazionali presso USR TOSCANA *