E’ scontro Regioni-Miur/1. Il Friuli impugna decreto su sperimentazione

Non vi sono solamente ragioni politiche e di inopportunità nelle critiche che la Conferenza delle Regioni ha rivolto il 9 febbraio verso il decreto ministeriale sulla sperimentazione (progetto di innovazione di cui all’art. 11 del dPR 275/1999), chiedendone il ritiro.
Nel documento approvato dalla Conferenza delle Regioni e delle Province autonome, si sostiene infatti che sia nel decreto contestato sia nei due decreti ad esso allegati si fa riferimento al parere della Conferenza unificata, senza che tale parere sia stato espresso.
Vi sarebbe dunque un vizio di legittimità.
Rileggendo attentamente i tre testi, quel “sentita la Conferenza unificata…” lo si ritrova nei due allegati al decreto vero e proprio sulla sperimentazione.
Un passaggio procedurale obbligatorio, perché sia le tabelle di confluenza e di corrispondenza, che la quota dei piani di studio rimessa alle istituzioni scolastiche (che sono gli oggetti dei due decreti ministeriali) devono proprio essere definite, secondo l’art. 27 del decreto legislativo n. 226/2005, “sentita la conferenza Unificata“.
Ma la Conferenza, il merito delle questioni, l’ha discusso o no?
Secondo il Miur sì, secondo le Regioni no.
Determinante ai fini di una compiuta valutazione dei fatti è quanto affermato dal ministro per gli Affari regionali La Loggia nel concludere i lavori della riunione della Conferenza Stato-Regioni del 15 dicembre 2005, come risulta dal verbale della Conferenza: il ministro “prende atto che allo stato le Regioni e le autonomie locali non sono ancora nelle condizioni di esprimere un parere, e che chiedono di essere messe nella condizione di poterlo esprimere; da parte sua il ministero dell’istruzione prende atto della mancanza, ad oggi, del parere“.
Proprio su questo interrogativo si svilupperà il contenzioso che si profila all’orizzonte e che la Regione Friuli Venezia Giulia ha già annunciato con impugnativa e richiesta di sospensiva del decreto davanti al Tar del Lazio.
Potrebbe, dunque, non bastare al ministro l’azione di difesa preventiva dichiarata nel decreto stesso, laddove giustifica la sua iniziativa in considerazione delle “numerose istituzioni scolastiche che nell’esercizio dell’autonomia … si sono proposte per l’attuazione di percorsi di studio coerenti con le nuove previsioni ordinamentali dei licei…”.