Turni massacranti e mal retribuiti, il 65% dei DSGA e degli assistenti amministrativi lascerebbe il proprio lavoro

Insoddisfatti, poco retribuiti, costretti a turni massacranti per poter svolgere il proprio lavoro. È questo il quadro che emerge da un questionario sulla valutazione dell’esperienza lavorativa nelle scuole italiane dei Dsga (Direttori dei servizi generali e amministrativi) e Assistenti amministrativi facenti funzione, presentato in occasione della tavola rotonda organizzata da Anquap, l’Associazione nazionale quadri delle amministrazioni pubbliche dal titolo “Autonomia, governance, dimensionamento e personale delle scuole”.

Le risposte alle domande, su un campione di 863 lavoratori, hanno evidenziato un grave e crescente malessere della categoria apicale. Il 41,20% ha espresso una valutazione negativa sulla propria esperienza lavorativa, per il 47,2% il proprio ruolo e lavoro è “estremamente complesso” e il 91,6% ritiene necessario istituzionalizzare la figura del tutor così come avviene per DS e docenti. Ben il 65% lascerebbe il lavoro a scuola per un altro lavoro a parità di inquadramento nell’amministrazione pubblica e il 64,1% non consiglierebbe il lavoro di Dsga ad altre persone. Infine, l’83,2% non riesce a svolgere il proprio lavoro nell’orario ordinario, c’è chi lavora fino a 48-50 ore a fronte delle 36 previste dal contratto. Ore in più lavorate spesso nei giorni festivi, in ferie, in malattia. Quindi il 94,1% ha dato valutazione negativa del contratto nazionale 2019/2021.

A tal proposito il presidente Anquap, Giorgio Germani, ha chiesto al capo della segreteria del Sottosegretario al Ministero dell’Istruzione e del Merito, Paola Frassinetti, un incontro tecnico per poter ascoltare le proposte di Anquap e per valutare un miglioramento delle condizioni dei Dga e AA e assicurare un corretto funzionamento delle Istituzioni scolastiche: “Per questo chiediamo un confronto urgente col ministero. Ci preoccupa lo schiacciamento vero il basso. Abbiamo bisogno di figure elevate, sono completamente saltate le figure intermedie. E non possiamo svendere i nostri diritti. Serve una riflessione seria sul nostro settore e sul rinnovo del contratto”.

Giovanni Russo, Capo Segreteria della Sottosegretaria Frassinetti, ha dato la sua disponibilità a un tavolo di confronto sottolineando che la “battaglia continua con gli organismi europei per il difficile adattamento alla realtà italiana. Spesso ci troviamo davanti a bandi creati con strutture europee che non si adattano con le strutture italiane. Ben 80% dei Comuni è in estrema difficoltà anche con gli anticipi di cassa che non è in grado di assolvere e la successiva rendicontazione. Ci troviamo di fronte a corti circuiti continui. Per fare un esempio: avevamo istituito un fondo per affitti e locazioni. Ci sono state zero richieste. Il Pnrr è stata un’occasione storica per il nostro Paese perché è stato un faro acceso sull’incapacità strutturale del nostro Paese ad affrontare criticità complesse (come nel caso del Covid) Le strutture amministrative sono da ripensare così come il reparto scuola. Sulla docenza si è fatto molto, c’è bisogno di ripensare il comparto amministrativo“. E ancora: “Per quel che riguarda gli accorpamenti voglio rassicurare: si tratta di accorpamenti di dirigenze non di scuole. Non ci saranno chiusure indiscriminate di istituti e soprattutto i risparmi saranno reinvestiti nelle scuole e non in altri capitoli di bilancio“.

Simona Malpezzi, Componente 4ª Commissione permanente Politiche dell’Unione europea – Senato della Repubblica nel suo intervento esprime con fermezza la sua contrarietà al dimensionamento scolastico: “Ci sono territori che non possono essere privati delle scuole. Sono molto preoccupata del fatto che manchino figure amministrative e dirigenziali perché ci si priva di un pilastro importante della scuola. Conosco le scuole perché le ho girate e conosco le nostre Regioni, in alcuni territori chiudere le scuole significa privarli di un presidio importante e costringere i ragazzi a lunghi spostamenti. Ci sono ragazzi costretti a fare anche 40 chilometri per andare a scuola.

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