Docenti utilizzati: dateci almeno la vicedirigenza

Il CDU non è una sigla politica, o meglio non lo è più. Tempo fa era il nome del partito che faceva capo a Rocco Buttiglione. Ora è invece la sigla del “Coordinamento Docenti Utilizzati”. Dopo anni di servizio reso a tempo pieno (36 ore anziché le 18 di cattedra) gli insegnanti utilizzati presso l’Amministrazione centrale e periferica del MIUR hanno deciso di fare valere le loro ragioni.
Da una parte temono di dover rientrare in servizio (Finanziarie e tagli alle spese dei Ministeri sono sempre in agguato), dall’altra ritengono di aver maturato sul campo una nuova professionalità, diversa da quella originaria e più affine a quella degli ispettori, o a quella dei dirigenti o degli impiegati dei più alti livelli (ex VIII e IX). Perciò chiedono di essere inquadrati in questa nuova posizione attraverso l’ammissione, con quota a loro riservata, a un concorso ordinario per ispettori tecnici (l’ultimo è stato bandito 15 anni fa), oppure a un corso-concorso per dirigenti tecnici, previsto dalla legge 145 (riordino della dirigenza statale). Come ultima spiaggia, il CDU chiede che gli utilizzati possano passare nei ruoli dell’Amministrazione nel livello C3, il più elevato prima di quello dei dirigenti, un livello per il quale è richiesto il possesso della laurea.
E se proprio non passasse la richiesta della dirigenza, gli utilizzati di lungo corso si accontenterebbero anche della vicedirigenza tecnica, da acquisire attraverso il prossimo contratto della scuola o con un apposito articolo da inserire nella Finanziaria 2005. Alcuni di loro hanno anche provato ad entrare, via TAR, nel concorso a dirigente scolastico riservato agli incaricati triennalisti. Insomma, tutto tranne che tornare a scuola.
Che dire? E’ certamente sostenibile la tesi che l’Amministrazione si è utilmente avvalsa dell’apporto di questo personale, che in qualche caso si è rivelato insostituibile o quasi. Ed è vero che c’è un grave carenza quantitativa e qualitativa di ispettori tecnici. Quello che un po’ disturba, è la ricomparsa di quel mormorio che a suo tempo Paolo Sylos Labini sentì levarsi nel mondo universitario, e che sussurrava così: “ope legis, ora pro nobis“.