Disubbidienza civile o sciopero bianco?

La parola di fuoco covava da un po’ di tempo sotto la cenere ed ora, all’uscita ufficiale del decreto legislativo e della circolare applicativa per la riforma nel primo ciclo di istruzione, è uscita in tutta la sua forza dirompente: resistere, resistere, resistere contro la Moratti e contro la sua riforma.
Gruppi di docenti in diverse città, in alcuni casi per iniziativa o con il sostegno delle aree sindacali più intransigenti del settore della secondaria di I grado si riuniscono in questi giorni per concertare un’azione comune di resistenza ai provvedimenti di riforma del ministro.
La sfida sembra per il momento molto teorica, ma potrebbero intervenire momenti più concreti di attuazione che qualcuno ha già cominciato ad individuare: mancata scelta dei libri di testo, rifiuto dell’incarico di tutor, mancata predisposizione dell’offerta della scuola per le attività opzionali degli alunni.
Qualcuno parla di disubbidienza civile, ma semmai si potrebbe trattare di qualcosa di simile allo sciopero bianco, che comunque le regole (concordate con i sindacati) per garantire i servizi minimi nella scuola escludono categoricamente.
I rifiuti o le mancate attuazioni delle disposizioni verrebbero piuttosto a configurarsi come omissione di atti d’ufficio che l’Amministrazione ha l’obbligo di perseguire in via disciplinare e in via amministrativa quando si concretizzi in mancata prestazione di un obbligo di servizio.
Ma, se questo dovesse verificarsi davvero, è mai pensabile che centinaia o migliaia di persone possano essere perseguite?