Dispersione: cercansi dati certi

Gli esiti della ricerca LOST sulla dispersione scolastica in Italia, presentata ieri al Miur e accompagnata da riflessioni e approfondimenti da parte di rappresentanti del mondo politico e istituzionale, consentono alcune valutazioni e proposte. Innanzitutto sembra emergere finalmente una nuova consapevolezza del drammatico fenomeno dell’abbandono dei percorsi scolastici e formativi da parte di migliaia di ragazzi.

È fortemente sentita l’esigenza di coordinare linee di intervento, a tutti i livelli territoriali (nazionali e locali), per rendere efficace l’azione di prevenzione e contrasto degli abbandoni precoci.

Gli interventi – brevi per economia di tempo – non hanno potuto dilungarsi sulle possibili cause del fenomeno, se non concordando che l’area meridionale è maggiormente interessata alla dispersione (valutazione erronea, perché non tutto il Sud è in situazione negativa e anche in talune regioni settentrionali gli abbandoni sono fortemente diffusi).

Tutti gli interventi si sono trovati comunque d’accordo su un punto: mancano dati certi e oggettivi sul fenomeno. La stessa percentuale del 17% di dispersione che Eurostat attribuisce all’Italia, è frutto di stime, anche se ben ponderate e statisticamente validate. Percentuale che, secondo i responsabili dell’indagine, sembra sottostimata.

Quanti ragazzi delle superiori abbandonano il percorso scolastico statale? Quanti, dopo quell’abbandono, passano alle scuole paritarie? E quanti alla formazione professionale? E prima ancora: quanti si perdono nel percorso del primo ciclo oppure, dopo il conseguimento della licenza media, non entrano nei percorsi di istruzione o formazione professionale?

Domande che, ad oggi, non hanno ancora avuto risposte certe e probanti, se non per stime o indagini campionarie (a volte troppo compiacenti per minimizzare il problema).

L’anagrafe dello studente presso il Miur sembra insufficiente a fornire risposte esaustive, perché deve essere integrata dalle anagrafi regionali che possono dar conto della presenza di ragazzi nei corsi di formazione professionale.

Il sottosegretario D’Onghia ha quasi ammesso l’impotenza del ministero a individuare con certezza i livelli esatti del fenomeno.

Eppure, se c’è finalmente consapevolezza del problema, si può trovare una concorde volontà politica per agire. Subito.

Gavosto (Fondazione Agelli) ha ricordato che Luigi Einaudi era solito dire che occorre conoscere per valutare e agire.