Dirigenza scolastica/3: il buco colpisce ancora?

Cerchiamo di approfondire questa ipotesi di nuovo taglio del numero di istituzioni scolastiche, che certamente metterebbe sul piede di guerra mezzo mondo della scuola.
Qualcuno potrebbe osservare che un ostacolo alla realizzabilità del progetto sarebbe costituito dal dimensionamento. Spieghiamo meglio. È vero che gli assetti attuali sono entrati in funzione da poco (dal 2000-01 con l’avvio dell’autonomia). Regioni ed enti locali,
competenti a definire il dimensionamento, hanno operato secondo il D.PR. 233/98, prevedendo il numero delle istituzioni sulla base delle situazioni previsionali della popolazione scolastica per un quinquennio. Ma è altrettanto vero che gli assetti, se necessario per le casse dello Stato, potrebbero essere rivisti (ammesso che gli enti territoriali non si mettano di traverso, considerando che l’attuazione del dimensionamento è di competenza delle regioni).
In quale direzione potrebbero essere rivisti? Facciamo anche qui due conti. Ogni istituzione scolastica si avvale di un dirigente, di un direttore amministrativo e mediamente di 5-6 assistenti amministrativi che costano complessivamente allo Stato annualmente in media tra i 180 e i 200 mila euro circa (corrispondenti a 355 e 400 milioni di lire all’anno).
E allora, 100 istituzioni scolastiche in meno vorrebbero dire un risparmio di 35-40 miliardi di lire all’anno; 1.000 in meno equivarrebbero a circa 355-400 miliardi di lire di risparmio all’anno.
La simulazione (Ipotesi di variazione del numero di istituzioni scolastiche) elaborata da Tuttoscuola mostra, attraverso un’analisi di sensitività, gli eventuali effetti di risparmio finanziario al ridursi del numero di istituzioni (che sarebbe raggiunto nella tabella aumentando il numero medio di alunni per ogni istituzione), per effetto della conseguente riduzione dell’organico dei dirigenti, dei direttori amministrativi e degli assistenti amministrativi.
Si tratta, beninteso, solo di un sospetto, che non trova fondamento in alcun documento o dichiarazione, ma che è alimentato da un atteggiamento poco lineare (per non dire contraddittorio) da parte del governo.
Vediamo infatti, seguendo in ordine cronologico gli atti del governo, come ci sia stato sull’argomento un brusco cambio di direzione. A luglio il ministro Moratti in Parlamento assume l’impegno di bandire “al più presto il primo concorso dopo 12 anni” per dirigenti scolastici. A dicembre la Finanziaria viene emendata all’ultimo momento proprio per regolamentare il concorso e per introdurre modifiche finalizzate a contenere i tempi di espletamento delle procedure concorsuali. Successivamente il sottosegretario Aprea dichiara che nel più breve tempo possibile e comunque non oltre gennaio sarebbe stato bandito il concorso.
È Tremonti che ha cambiato improvvisamente idea bloccando un percorso concordato o c’è una debolezza da parte del MIUR nella rappresentazione delle esigenze di funzionamento del sistema scuola? E ancora: ok i risparmi, ma la (tanto sbandierata) qualità, dove andrebbe a finire?
Comunque una cosa è certa, la questione ormai è di natura politica.