Diplomifici, il piede d’argilla degli istituti paritari sospetti

Gli istituti paritari superiori sospettati di rilasciare diplomi facili grazie all’elusione di alcune disposizioni di legge, hanno un piede d’argilla su cui fondano il successo di adesione di migliaia di persone provenienti da lontano sicuri del successo. Un piede d’argilla rappresentato non tanto dagli esami di idoneità o integrativi per diventare direttamente studenti interni nel quinto anno che li porta alla maturità. Si tratta di un filtro d’ingresso regolare e previsto dalle disposizioni.

In qualche modo, fors’anche con qualche aiutino, riescono a superare quel primo scoglio e hanno diritto ad entrare nell’istituto pronto ad accoglierli a braccia aperte.

Il piede d’argilla non è nemmeno rappresentato dalle nuove classi (le cosiddette collaterali) necessarie per accoglierli dopo aver superato il primo scoglio dell’esame di idoneità. Ci pensano gli istituti da loro scelti ad ottenere, di riffa o di raffa, l’autorizzazione dell’USR per la costituzione di queste classi aggiunte.

Diventati a tutti gli effetti studenti interni del quinto anno, possono cominciare a frequentare le lezioni per il nuovo anno scolastico che li porterà alla maturità e al sospirato diploma. Ed è proprio sul problema della frequenza che quasi sempre viene a costituirsi il piede d’argilla degli istituti sospetti.

Il decreto legislativo 13 aprile 2017, n. 62, all’art. 13 (Ammissione dei candidati interni) prevede:

  1. Sono ammessi a sostenere l’esame di Stato in qualità di candidati interni le studentesse e gli studenti che hanno frequentato l’ultimo anno di corso dei percorsi di istruzione secondaria di secondo grado presso istituzioni scolastiche statali e paritarie.
  2. L’ammissione all’esame di Stato è disposta, in sede di scrutinio finale, dal consiglio di classe, presieduto dal dirigente scolastico o da suo delegato. È ammesso all’esame di Stato la studentessa o lo studente in possesso dei seguenti requisiti:
  3. a) frequenza per almeno tre quarti del monte ore annuale personalizzato ….. ; ecc…

C’è da chiedersi: come riescono a garantire la frequenza per almeno 150 giorni nell’anno scolastico (tre quarti dei normali 200 giorni di lezione a calendario) i tanti studenti che abitano a volte a 600-800 chilometri di distanza, diversi dei quali lavorano?

Da alcune informazioni raccolte e da contratti particolari fugacemente visionati sembra risultare che taluni istituti non pretendono la frequenza di legge, accontentandosi di sporadiche presenze in corso d’anno. Non sappiamo se si tratti di sporadici casi o di un sistema diffuso e collaudato.

Solamente l’Amministrazione scolastica può accertare la fondatezza e l’eventuale generalizzazione di questa palese violazione di legge.

Quella che sembra la carta vincente per reclutare migliaia di clienti potrebbe, quindi, trasformarsi in piedi d’argilla che farebbero crollare gli istituti sospetti. Se colti in flagrante, però.

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