Diplomati tecnici e professionali: Jobs Act promosso. Dati ricerca Fondazione Agnelli e CRISP

A due anni di distanza dal diploma, solo un diplomato su tre (34,3%) degli occupati svolge un lavoro coerente col titolo di studi conseguito. La metà di dei diplomati (51,3%) deve accontentarsi di un lavoro qualsiasi, mentre il 14,4% svolge professioni trasversali e accessibili, oltre che con la propria, anche con maturità di diverso tipo.

Per ottenere un rapporto di lavoro significativo (contratto con una durata di almeno trenta giorni continuativi) i diplomati hanno atteso in media 263 giorni, quasi nove mesi. La maggioranza dei diplomati non si è spostata oltre il comune di residenza o la provincia per trovare una occupazione (distanza media da casa del lavoro: 40 km).

Sono questi i principali risultati ai quali perviene il rapporto “L’occupazione dei diplomati tecnici e professionali”, realizzato dalla Fondazione Agnelli e dal CRISP (Università di Milano Bicocca), col supporto operativo dell’Ufficio statistico del MIUR e della Direzione Generale dei Sistemi Informativi, del Ministero del Lavoro. Il rapporto è stato presentato oggi nella sede del Miur da Mario Mezzanzanica (CRISP)Andrea Gavosto (Fondazione Agnelli) alla presenza della ministra dell’Istruzione, Valeria Fedeli, e con l’intervento introduttivo di Gianna Barbieri (Miur) e Grazia Strano (MLPS). Lo studio ha riguardato i diplomati tecnici e professionali che hanno concluso gli studi in tre successivi anni scolastici (2011/12, 2012/12, 2013/14).

Il rapporto sottolinea che per quanto riguarda il tipo di contratto la metà dei diplomati che lavorano ha già raggiunto entro i primi due anni dal termine degli studi una posizione stabile. In particolare il 22,2% ha un contratto a tempo indeterminato e circa il 27,6% è inserito in un percorso di apprendistato che per i più giovani rappresenta il primo passo nell’ambito di un rapporto di lavoro di tipo permanente.

A giudizio dei ricercatori l’impatto delle riforme giuslavoristiche varate dal 2012 ad oggi è stato “significativo”. In particolare la Riforma Fornero dell’apprendistato prima e il Jobs Act dopo hanno cambiato radicalmente le convenienze dei datori di lavoro. Infatti, a fronte di un’incidenza del lavoro non permanente (tempo determinato, somministrazione, lavoro a progetto, ecc.) sostanzialmente immutata nel tempo, si è verificato un ricorso massiccio al contratto in apprendistato dopo la sua entrata a regime e un successivo calo a favore del contratto a tempo indeterminato a seguito dell’introduzione della decontribuzione prevista dalle norme del Jobs Act.