Didattica a distanza: come la vivono i ragazzi con disabilità?

In questa drammatica situazione dell’emergenza sanitaria Coronavirus che obbliga a casa quasi 8 milioni e mezzo di alunni di scuole statali e paritarie, ci sono alcune categorie di ragazzi che, più di altri, risentono dell’isolamento e della mancanza di sostegno di cui beneficiavano fino nella scuola. Sono, prima di tutti, i ragazzi con disabilità, diversi dei quali in condizione di gravità. Complessivamente nelle scuole statali sono inseriti poco più di 269 mila alunni con disabilità di varia natura; altri 19-20 mila sono nelle scuole paritarie. Si tratta di un numero in crescita che il prossimo anno potrebbe raggiungere le 300 mila unità.

Nelle scuole statali gli alunni con disabilità visiva sono 2.771, quelli con disabilità uditiva 4.112; gli altri 262 mila sono classificati psicofisici, un termine che comprende disabilità di varia natura e gravità.

Per tutti loro – a scuola – lo Stato assicura l’impiego di oltre 172 mila docenti di sostegno. A scuola. Ma a casa? Cosa sta avvenendo nelle case dei ragazzi disabili, isolati, più degli altri dalla realtà e forse anche dalle rappresentazioni virtuali del mondo esterno? Per questi ragazzi disabili l’intervento personalizzato dei docenti di sostegno ha un valore primario che va integrato con la relazione di gruppo. Ma a casa?

Più volte nelle note ministeriali degli ultimi giorni è stato raccomandato ai dirigenti scolastici, nell’attivazione delle modalità di didattica a distanza di avere riguardo alle specifiche esigenze degli studenti con disabilità.

Questi ragazzi e le loro famiglie, forse più degli altri, come ha scritto Giovanna Boda, Capo dipartimento dell’istruzione, rivolgendosi ai docenti (in questo caso a quelli di sostegno) “cercano un rapporto più intenso e ravvicinato, seppur nella virtualità dettata dal momento. Chiedono di poter ascoltare le vostre voci e le vostre rassicurazioni, di poter incrociare anche gli sguardi rassicuranti di ognuno di voi, per poter confidare paure e preoccupazioni senza vergognarsi di chiedere aiuto”.

Vorremmo conoscere le numerose esperienze, i modi, i rapporti già instaurati dai docenti di sostegno o dagli insegnanti di classe per farne patrimonio condiviso che serva da incoraggiamento, da stimolo e da esempio per altri. Ne sarebbero grati i 300 mila ragazzi disabili e le loro famiglie.