Dialogo, dialogo, dialogo! La tardiva apertura del ministro Moratti/2
Tuttoscuola lo ha scritto in tutti i modi. Altre voci hanno invitato a creare una condivisione tra gli operatori. Una tra tutte: “per la riuscita di qualsiasi riforma non basta la bontà della proposta, occorre anche che sia condivisa da almeno il 51% di chi la deve mettere in atto”. Lo disse nell’ormai lontano dicembre 2001 Luciano Corradini nella scenografica cornice degli Stati generali per la riforma scolastica.
Allo stato attuale c’è questa maggioranza di condivisione nella scuola? Sembra proprio di no. E se si neutralizzano i fastidiosi “segnali di disturbo” della propaganda ministeriale da un lato e della contropropaganda di contrasto attuata da una parte degli oppositori dall’altro, la risposta è ancora negativa: non si vede questa maggioranza di operatori convinta del progetto e desiderosa di applicarlo, soprattutto dentro le scuole.
Se il ministro Moratti si trova sempre più nell’occhio del ciclone delle polemiche, ciò è soprattutto a causa di un deficit di dialogo e di confronto, e di un eccesso di sicurezza sulla bontà intrinseca del suo progetto. E’ per questo che la gente avverte un forte senso di estraneità rispetto ai cambiamenti strutturali in corso.
Solo ora, davanti alle sempre più impegnative scadenze di attuazione del lungo processo di riforma avviato, si è resa conto delle difficoltà e vuole cambiare approccio?
E poi un’altra cosa colpisce: il ministro parla di “resistenze culturali, basate su una concezione di scuola che detta regole e standard uguali per tutti, non premia le attitudini e le capacità dei singoli e non va incontro alla libertà di scelta delle famiglie”. Ma chi in questa scuola ci sgobba da una vita, ha studiato, si è aggiornato, ha dedicato le migliori energie pur disponendo di strumenti spesso inadeguati, in ambienti fatiscenti, e con pochissimi incentivi, è d’accordo?
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