Dal contratto dei ministeriali una prospettiva interessante per la scuola

Il recente contratto sottoscritto per i ministeriali contiene una novità che con tutta probabilità potrebbe essere trasferita anche nel comparto scuola.
Parliamo del conglobamento dell’indennità integrativa speciale nello stipendio: una voce tecnica che significa unificazione in una sola voce di due elementi retributivi (lo stipendio vero e proprio e la vecchia scala mobile dei dipendenti pubblici), tenuti fino ad oggi formalmente separati.
L’indennità integrativa speciale ha seguito per anni gli aumenti dell’inflazione, fino a quando nel 1991 è stata definitivamente congelata, diventando un elemento fisso della retribuzione, a sé stante. Con qualche piccola differenza tra le categorie di personale, oggi vale poco più di 500 euro al mese.
Se, come tutto fa pensare, con il contratto sarà conglobata per intero nello stipendio, produrrà due effetti interessanti: la cifra sarà interamente assoggettata alle ritenute previdenziali (ritenute che oggi toccano solo il 48% dell’indennità), determinando una lieve decurtazione dello stipendio netto mensile di circa 5,50 euro; ma ne sarà valsa la pena perché, al momento della pensione, tutta la quota conglobata concorrerà a definire un importo più alto dell’indennità di buonuscita spettante.
La base di calcolo per computare l’esatta misura della buonuscita comprenderà a quel punto una quota superiore a 4 milioni delle vecchie lire che frutterebbero circa 350 mila lire per ogni anno utile di servizio. Con 35 anni di servizio, ad esempio, la buonuscita aumenterebbe di oltre 12 milioni di vecchie lire. Mica male per un contratto “povero”, se, naturalmente, Tremonti, Corte dei Conti e Confindustria non ci metteranno lo zampino.